LORENZO MONACHESI
Cronaca

Antonella, testimonial dell’Avis: "Lottavo contro un linfoma, i donatori mi hanno salvato la vita"

La 53enne Spurio in prima linea con l’associazione: per anni è stata presidente, ora è vice a Pieve Torina "Ho passato sei mesi in ospedale durante la pandemia: senza l’aiuto dei volontari oggi non sarei qui".

Antonella, testimonial dell’Avis: "Lottavo contro un linfoma, i donatori mi hanno salvato la vita"

Antonella, testimonial dell’Avis: "Lottavo contro un linfoma, i donatori mi hanno salvato la vita"

"Oggi non sarei qui senza le persone che all’inizio della pandemia sono entrate in ospedale, sfidando la paura, per dare la vita a degli sconosciuti donando il sangue". Antonella Spurio, 53 anni di Pieve Torina, pensa a quando nei primi mesi del 2020 ha dovuto fare l’autotrapianto di cellule staminali perché le era ricomparso il linfoma di non Hodgkin, trattato nel 2013 con chemio e radio. "Dopo sette anni – ricorda – pensavo che il tumore fosse stato sconfitto, ero terrorizzata quando mi hanno diagnosticato che era ritornato. Mi è stato detto che avrei dovuto fare un autotrapianto e sarei rimasta sei mesi in ospedale. A gennaio mi sono ricoverata, poi è scoppiata la pandemia e ho trascorso da sola quei mesi senza poter vedere nessuno".

Spurio, lei è stata per 20 anni una donatrice di sangue. Qual è la differenza tra quando si è seduta sul lettino come donatrice e quando era una paziente e quella sacca che riceveva era per lei la vita?

"Sensazioni completamente diverse. Ero felice la prima volta da donatrice, perché dall’altra parte qualcuno aveva la vita ricevendo il mio sangue. È stato commovente da paziente, in quel momento mi sono resa ancora più conto di quanto potesse essere importante il dono, sentire entrare nelle vene quel sangue freddo era per me una sorta di caldo abbraccio da parte di chi, in piena pandemia, aveva fatto varie certificazioni e sfidato la paura pur di venire in ospedale".

Pensa mai a quelle persone, di cui non conosce il nome, che hanno sfidato la paura durante il Covid per donare il sangue a lei ed altri pazienti?

"Sempre, tutti i giorni".

Qual è stata la sua reazione quando alla paura della malattia si è aggiunta quella per il Covid che all’inizio neanche si sapeva cosa fosse?

"Il terrore è stato amplificato all’ennesima potenza".

Cosa l’ha spinta anni fa a diventare donatrice?

"L’input è stata la necessità di sangue di un’amica. Poi ho smesso quando nel 2013 mi è stato diagnosticato il primo tumore, ma sono rimasta in Avis come presidente per otto anni e da quattro sono vice. Mi sono data sempre da fare per allargare la base".

Suo marito è donatore?

"Sì. Lui ha iniziato con me perché la madre aveva bisogno di trasfusioni. Pensi, per una pura coincidenza lui donava il sangue nello stesso giorno mentre stavo ricevendo la mia prima sacca da paziente".

Adesso lei non si tira indietro e racconta la sua malattia, l’esperienza da paziente, la paura di quel periodo. Quanto è dura mettersi a nudo?

"È difficile, però è troppo significativo far capire l’importanza del dono. E così non mi tiro indietro se dovessi andare nelle scuole o partecipare ad altri momenti dove portare la mia esperienza, rispondere alle domande e credo che la propria testimonianza possa essere molto forte. Ecco, ogni volta semino nella platea e spero che quel seme porti frutto".

Quali sono i momenti che la emozionano alla fine degli incontri?

"Quando mi ringraziano per la testimonianza, quando vedo negli occhi l’attenzione degli interlocutori che hanno avuto dei parenti o conoscenti combattere queste malattie".

La bellezza del dono l’ha sperimentata anche quando le varie sezioni dell’Avis si sono date da fare nel momento in cui Pieve Torina è stata colpita dal terremoto.

"C’è stata una grande solidarietà. La sede era distrutta, ma l’Avis provinciale ci ha dato un container per svolgere l’attività e così abbiamo girato i novemila euro ricevuti per contribuire a fare tornare a scuola i bimbi".