FRANCO VEROLI
Cronaca

Il decennio nero del settore Grande fuga dall’artigianato "Lavoro manuale da rivalutare"

Preoccupanti i dati forniti dall’Inps: nella nostra provincia gli imprenditori sono calati del 21,5%. La Cgia: "I giovani sono sempre meno interessati e i veterani preferiscono diventare dipendenti".

Il decennio nero del settore  Grande fuga dall’artigianato  "Lavoro manuale da rivalutare"

Il decennio nero del settore Grande fuga dall’artigianato "Lavoro manuale da rivalutare"

di Franco Veroli

E’ "fuga" dall’artigianato. Dal 2012 al 2022 gli imprenditori artigiani in provincia di Macerata sono passati da 16.991 a 13.330, un calo del 21,5%. Un po’ meno di quello registrato nella provincia di Ascoli Piceno (-23,8% compresa quella di Fermo) e Pesaro Urbino (-23,5%), più di quello della provincia di Ancona (- 17,2%), e decisamente superiore alla media nazionale (-17,4%). Un dato che non stupisce, specie se calato nel contesto regionale: nello stesso periodo le Marche hanno visto scendere il numero degli imprenditori artigiani da 72.077 a 56.514, il 21,6% in meno, il secondo peggior dato italiano dopo l’Abruzzo (-24,3%). E’ questa la ’fotografia’ che emerge dagli ultimi dati Inps messi sotto la lente dall’Ufficio studi Confartigianato di Mestre, che è giunto ad una amara conlusione. "Possiamo affermare che non solo i giovani sono sempre meno interessati a lavorare in questo settore, ma anche chi ha esercitato la professione per tanti anni e non ha ancora raggiunto l’età anagrafica eo maturato gli anni di contribuzione per beneficiare della pensione, spesso preferisce chiudere la partita Iva e continuare a rimanere nel mercato del lavoro come dipendente che, rispetto ad un artigiano, ha sicuramente meno preoccupazioni e più sicurezze". Nel calo generalizzato va evidenziato che ci sono settori artigiani in espansione come quelli del benessere (acconciatori, estetisti, tatuatori) e dell’informatica (sistemisti, addetti al web marketing, video maker esperti in social media). Ma questa crescita non compensa le chiusure nell’artigianato storico, fatto di imprese familiari di calzolai, corniciai, fabbri, falegnami, tappezzieri, fotografi, orologiai, riparatori di elettrodomestici e tv, sarti, ecc. Così in tanti centri storici (ma anche in periferia) sono tantissime le insegne che sono state rimosse e altrettante le vetrine non più allestite, perennemente sporche, con le saracinesche abbassate, un segnale del peggioramento della qualità della vita, specie per gli anziani: "Non disponendo spesso dell’auto e senza botteghe sottocasa, per molti di loro persino fare la spesa è diventato un problema". Le cause del crollo? "L’aumento dell’età media, la feroce concorrenza della grande distribuzione e del commercio elettronico, il boom del costo degli affitti e delle tasse nazionalilocali", evidenzia la Cgia. Per invertire la tendenza è necessario rivalutare il lavoro manuale. "Negli ultimi 40 anni l’artigianato è stato "dipinto" come un mondo residuale, destinato al declino. Per riguadagnare il ruolo che gli compete ha bisogno di robusti investimenti nell’orientamento scolastico, rimettendo al centro del progetto formativo gli istituti professionali che in passato sono stati determinanti nel favorire lo sviluppo economico del Paese. Nonostante i problemi che attanagliano l’artigianato, non sono pochi gli imprenditori di questo settore che da tempo segnalano la difficoltà a trovare personale disposto ad avvicinarsi a questo mondo".