FRANCESCO ROSSETTI
Cronaca

La street art colora porto e scuole: "La pittura a muro concretizza i messaggi su inclusione e disabilità"

Giulio Vesprini ha fatto di Civitanova un vero e proprio ’museo urbano’. Le opere sono state rappresentate in una mostra fotografica a Dublino: "Create le basi per un dialogo culturale con la capitale irlandese".

La street art colora porto e scuole: "La pittura a muro concretizza i messaggi su inclusione e disabilità"

La street art colora porto e scuole: "La pittura a muro concretizza i messaggi su inclusione e disabilità"

"Dopo aver toccato i temi della transizione ecologica e della mobilità urbana, ecco inclusione e disabilità. Nella street art vedo una forma educativa che può veicolare determinati messaggi". È il pensiero dello street artist civitanovese Giulio Vesprini, fondatore e direttore artistico del progetto ‘Vedo a colori’, un vero e proprio "museo d’arte urbana" con centocinque artisti provenienti da tutto il mondo, uno dei porti più colorati d’Italia, sedici scuole dipinte, uno skatepark e tanto altro. Lo scorso novembre, le opere sono state rappresentate in una mostra fotografica all’Irish Architectural Archive di Dublino, "ed ora – spiega Vesprini - ci sono i margini perché Civitanova dialoghi con la capitale irlandese".

Vesprini, com’è nata la passione per la street art?

"Il primo graffito risale al 1994, all’età di 14 anni. Lo realizzai proprio al porto. Da lì, per dieci anni, seguii questo movimento che in Italia raggiunse il suo apice tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90. Nel periodo delle scuole superiori dipingevo sui muri con le bombolette, poi mi iscrissi all’Accademia delle Belle arti di Macerata e lasciai gli spray, continuando a lavorare in strada con installazioni, stencil e poster. Tra il 2004 e il 2006, iniziai i primi murales, mentre va datato nel 2009 il primo intervento di ‘Vedo a colori’, nella zona dell’ex Ente fiera".

E nel 2014 il porto si colora.

"Ci sono tre fasi: dalla prima, quella della cabina Enel al Varco, ci spostammo ai cantieri navali, dove nacque ‘Vedo a colori’. Nel 2014 l’idea era dipingere i due bracci del molo sud, ma rimanemmo sul primo perché l’altro non era intonacato. Con l’amministrazione dell’epoca, vincemmo un bando europeo e una parte di quei soldi fu destinata a ‘Vedo a colori’. Solo in quei due tratti ci sono circa settanta opere".

Poi, la terza fase.

"Sì, con l’attuale amministrazione ho proposto di far riconoscere ‘Vedo a colori’ come museo di arte urbana. Abbiamo introdotto dei totem che caratterizzano il percorso, poi è stato creato un sito, sono stati stampati tre volumi e sono state organizzate tre mostre fotografiche, di cui una a Dublino".

In quali altre città si è espresso?

"Ho lasciato un murale in quasi tutta la nazione, mentre all’estero sono stato in Usa, Francia, Belgio e Spagna. Mi chiamano per lavorare nelle scuole, dunque spero passa il messaggio di una street art come forma educativa e didattica perché è una disciplina artistica a tutti gli effetti. Attraverso una pittura a muro si possono veicolare determinati messaggi".

A quale opera resta più legato?

"Nella mia città direi quella della scuola Annibal Caro e lo skatepark. Sempre rimanendo sul territorio, cito il campo da basket a Sant’Elpidio a Mare. In assoluto c’è il lavoro di New York, nel quartiere di SoHo, dove ho dipinto il muro di un edificio e di un negozio di street wear. Disegnare nella Grande mela è fantastico perché è proprio tra lì e Philadelphia che cominciò".

La sua arte cosa rappresenta? "Nasco con il figurativo. Nel periodo dell’Accademia ero legato alla figura umana, all’anatomia. Con il tempo, queste figure sono diventate sempre più astratte ed oggi lavoro con forme, colori ed elementi di botanica che si inseriscono nell’ambiente. Il lavoro è un mix tra architettura e arte nello spazio pubblico. Cerco di sintetizzare le forme attorno a me, dedicandomi all’astratto, che ci obbliga all’interpretazione. Nelle scuole funziona parecchio perché i bambini giocano con la fantasia".