L’omicidio della vigilia: "Rosina era spaventata, voleva stare senza di loro"

Il processo d’appello ad Ancona, risentita l’operatrice del Centro antiviolenza "Chiedeva aiuto per capire come avere un piano della casa solo per lei".

L’omicidio della vigilia: "Rosina era spaventata, voleva stare senza di loro"

L’omicidio della vigilia: "Rosina era spaventata, voleva stare senza di loro"

"Rosina era spaventata. Voleva un aiuto per capire come avere un piano di casa solo per lei, ad esempio. Aveva paura". Lo ha detto Irene Ortolani, l’operatrice del centro antiviolenza a cui, pochi giorni prima di Natale, si era rivolta Rosina Carsetti, la 78enne trovata senza vita in casa sua a Montecassiano la sera della vigilia del 2020. Ortolani è stata uno dei testimoni risentiti ieri dalla corte d’assise d’appello di Ancona, che sta ripetendo l’istruttoria sul delitto soprattutto sotto il profilo dei maltrattamenti in famiglia, esclusi in primo grado a Macerata. In aula era presente solo uno degli imputati, Enea Simonetti, 24enne nipote di Rosina, unico condannato per omicidio e tuttora in carcere, mentre erano assenti il marito e la figlia della vittima, Enrico e Arianna Orazi.

La prima testimone richiamata a deporre è stata Loredana Cozzolino, detenuta con Arianna quando quest’ultima era stata arrestata. Cozzolino però ha detto di non ricordare nulla dell’imputata e della vicenda, smentendo le dichiarazioni fatte a Macerata. Un’altra compagna di cella, Emanuela Baldassini, ha invece ripetuto di aver avuto paura di Arianna, che avrebbe riferito in carcere come aveva simulato la rapina per cercare di non far scoprire l’omicidio della 78enne: "Diceva che ci avrebbe fatto fare la fine di sua madre. Aveva tanta rabbia nei confronti della mamma", ha precisato al procuratore generale Roberto Rossi. Rispondendo all’avvocato Olindo Dionisi, difensore di Arianna, Baldassini ha spiegato che la donna era inquietante, ma che queste erano sue impressioni non avendo mai litigato con lei. L’appuntato dei carabinieri Simone Lorenzetti ha riferito dell’intervento fatto ad agosto del 2020, quando Rosina aveva parlato dei timori che aveva da quando in casa sua erano arrivati la figlia e il nipote. All’avvocato Valentina Romagnoli, che difende Enea Simonetti, il militare ha specificato che Rosina non aveva parlato di maltrattamenti subiti dal nipote. All’avvocato Barbara Vecchioli, legale di Enrico Orazi, l’appuntato ha precisato che Rosina non aveva parlato di minacce da parte del marito, ma solo di scarsa considerazione. Irene Ortolani ha invece a lungo descritto il contenuto del colloquio fatto con l’anziana, che appena entrata al centro antiviolenza aveva apprezzato il tepore della stanza. "Ha raccontato che a casa le spegnevano la caldaia, e che le avevano fatto sparire anche una stufetta che aveva lei – ha spiegato l’operatrice del Cav –, per questo aveva sempre freddo". Ortolani ha riferito che, secondo Rosina, tutte le decisioni in casa erano prese da Arianna, era stata la figlia a decidere di tagliare le piante dal giardino, a convincere la madre a cedere la sua parte della villetta in cambio della restituzione dell’auto che le era stata tolta. La testimone ha assicurato che Rosina era lucida e combattiva, ma aveva paura in casa e voleva capire come difendersi, ad esempio ottenendo di poter avere un piano tutto per sé senza i familiari, che di lei si disinteressavano. Rispondendo ai difensori, ha chiarito che la donna non aveva detto di essere in pericolo imminente, altrimenti avrebbe potuto essere accolta in una struttura; aveva solo chiesto aiuto, e le era stato dato appuntamento al 27 dicembre, appuntamento a cui non si era mai potuta presentare. Proprio quell’appuntamento, per l’accusa, avrebbe scatenato il delitto. L’udienza è stata quindi rinviata al 29 maggio per gli ultimi testimoni, tra cui una amica stretta di Rosina, e poi la requisitoria della procura e le arringhe dei difensori. L’ultima udienza sarà il 5 giugno.