LUCIA GENTILI
Cronaca

Macerata, lettera aperta di un ex cameriere: "Manca il personale? I professionisti si pagano”

L’intervento dopo le prese di posizione dei ristoratori

Un cameriere al lavoro

Un cameriere al lavoro

Macerata, 7 luglio 2023 - La lettera aperta di un ex cameriere dell’entroterra, che ha lavorato in diverse attività locali. Ma anche all’estero. Per un totale di 25 anni di servizio di sala tra Italia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, in vari luoghi del mondo girati a bordo di navi da crociera. “Sto leggendo di ristoratori che fanno riunioni, incontri gonfi di retorica lamentando carenza di organico. A questi signori dico che i professionisti si pagano e, soprattutto, si rispettano”, inizia così il suo intervento. “All’estero, se ti metti a disposizione dell'azienda e ti assumi le responsabilità – spiega -, ti trovi facilmente con lo stipendio raddoppiato o triplicato nel giro di poco tempo. Un paio d’anni e sei integrato in un sistema-lavoro che valorizza la professionalità, le competenze e, in particolare, la persona. Perché prima di tutto siamo esseri umani, che hanno una vita, affetti, hobby. Ma questo, se sei un operatore della ristorazione, in Italia non è possibile. È il primo motivo che ha portato i giovani ad allontanarsi da questo lavoro. Non c'è dignità né qualità della vita. Il reddito di cittadinanza, attaccato a destra e a manca, non c'entra nulla. Non esistono scatti di anzianità e, se non punti i piedi e minacci di andartene, 1400 euro (compresi di 13esima, 14esima e tfr spalmati mese mese) sono per tutta la vita. Una vita vissuta nell'illegalità: contratti da 8 ore, quando i turni vanno dalle 10-12 ore al giorno a crescere, con un solo giorno di riposo. Lo stipendio è fisso, non esistono straordinari, notturni, non esiste chiedere un fine settimana libero né un collega con cui organizzare i turni di lavoro. La mattina arrivi alle 10, fai le pulizie, apparecchi, e poi, se previsto dalla "politica aziendale", mangi, altrimenti tiri dritto fino a fine servizio (significa aspettare l'ultimo tavolo che se ne va, quindi non hai orario). Poi, rassetti. Torni il pomeriggio, massimo alle 18, e via con la stessa tiritera, fino alle undici, mezzanotte, l'una. Chi lo sa. E via questa tiritera ogni giorno. Lavorare nella ristorazione, oggi, non è competitivo se a parità di salario (o poco meno) in fabbrica lavori 8 ore al giorno per 5 giorni a settimana, e hai il fine settimana libero. Un professionista se non ritiene un'offerta congrua, non sta a casa in attesa di un sussidio che rappresenta briciole (come il RdC) o è stato dimezzato (Naspi) ma va a lavorare altrove, magari all'estero, dove il lavoratore è visto come una risorsa da valorizzare e non come una spesa da contrarre. Imprenditori virtuosi esistono. Ed è a loro che va il mio personale ringraziamento – conclude – e quello di tutta la categoria”.