Oseghale e il massacro di Pamela "L’ha uccisa per coprire la violenza"

Le motivazioni della sentenza della corte d’appello di Perugia, che ha condannato il nigeriano all’ergastolo. Secondo i giudici la ragazza si era arrabbiata dopo il rapporto non protetto: lui voleva cancellare le tracce.

Oseghale e il massacro di Pamela  "L’ha uccisa per coprire la violenza"

Oseghale e il massacro di Pamela "L’ha uccisa per coprire la violenza"

di Paola Pagnanelli

Oseghale ha approfittato di Pamela Mastropietro, quando lei era sotto l’effetto dell’eroina. E appena la ragazza si è ripresa, ha capito cosa era successo e si è arrabbiata, lui l’ha uccisa. Ecco perché – secondo la corte d’appello di Perugia – i reati di violenza sessuale e omicidio sono collegati, e perché la pena per il nigeriano è l’ergastolo. I giudici umbri hanno confermato in pieno la ricostruzione fatta dalla Corte d’assise di Macerata, con una sentenza che, in 16 pagine, con chiarezza e precisione ricostruisce i fatti, partendo dalla condizione difficile di una giovane sola e senza un soldo, con problemi di natura psichiatrica aggravati dall’uso di stupefacenti.

A Perugia si era arrivati dopo che la Cassazione, accogliendo sul punto il ricorso dei difensori dell’imputato, gli avvocati Simone Matraxia e Umberto Gramenzi, aveva contestato le motivazioni della sentenza dei giudici dell’appello di Ancona, sulla violenza sessuale. A Perugia i magistrati hanno voluto riascoltare i due che avevano incontrato la 18enne romana in fuga dalla Pars di Corridonia, Francesco Mercuri e Fernando Javier Crisel, sulle ore prima della tragica morte. La mattina del 30 gennaio 2018, spiegano i giudici, Pamela aveva "sempre più bisogno di eroina", "questo bisogno occupa interamente il suo orizzonte mentale, facendole abbandonare ogni cautela nell’approccio a sconosciuti". Non ha soldi per pagarla, e quando avvicina Oseghale sa che "vendere il corpo era l’unica drammatica opzione di sopravvivenza rimasta. Opzione imposta, suo malgrado, dal bisogno sempre più assillante di assumere la sostanza". "In questo stato di disagiata e ben percepibile condizione psico-fisica Pamela aveva fatto ingresso nella casa di Oseghale", scrivono i giudici, indicando poi una serie di punti fermi accertati dalle indagini. Risulta provato, dalle tracce di Dna di Oseghale nei genitali, il rapporto sessuale non protetto. Il lavaggio con la candeggina e l’asportazione di parti del corpo, per la corte, dimostrano la volontà del nigeriano di cancellare le tracce di quel rapporto. La ragazza compra una siringa, dunque non aveva ancora assunto l’eroina prima di arrivare nella mansarda di via Spalato. E cosa è successo lì? Pamela, "la cui sofferta condizione di vita gravata da disturbi psicologici insorti in età adolescenziale in comorbilità con gli effetti del protratto uso di alcol e droga sin da giovanissima, la costringeva a scegliere il male minore, trovandosi a vendere il proprio corpo pur di procacciarsi lo stupefacente e raggiungere un momentaneo quanto effimero lenimento al profondo disagio di vita", con Mercuri e Crisel aveva sempre usato i profilattici, ne aveva ancora e contava di usarli. "In questo stato di disagiata e percepibile condizione psico-fisica Pamela aveva fatto ingresso nella casa di Oseghale". Appena entrata, lei decide di "soddisfare il bisogno che l’attanagliava, per placare quel turbine di sofferenza psico-fisica che si era scatenato in lei, anche a cagione del protratto vagabondare senza la copertura delle terapie. Oseghale si aspettava il corrispettivo, che poteva essere solo sessuale".

Alle 14.09, scrive la corte, Pamela viene abusata da Oseghale "senza protezione, lui la colpiva per vincere la resistenza della ragazza, sempre più flebile al manifestarsi degli effetti dello stupefacente. Subentrato l’obnubilamento dell’effetto drogante, aveva portato a termine l’atto senza profilattico. Che Pamela avesse prestato consenso a un rapporto non protetto che poteva avere per lei effetto devastanti, era impossibile a ipotizzarsi". Cessato l’effetto dell’eroina, lei capisce l’accaduto e si arrabbia. E Oseghale l’aggredisce con due coltellate. L’omicidio dunque era avvenuto in occasione della violenza, con più fasi di una stessa condotta "connotata dalla volontaria e gravissima lesione della libertà sessuale di Pamela". Ecco perché la pena, con questa ricostruzione giuridica, può essere l’ergastolo. Ma è scontato che la vicenda tornerà ancora in Cassazione.