ALESSANDRO FELIZIANI
Cronaca

Quando padre Tacchi-Venturi sposò. Elsa Morante e Alberto Moravia

Il gesuita settempedano era confessore della scrittrice, il cui romanzo "La Storia" rivive in questi giorni su Rai Uno.

La trasposizione televisiva del romanzo di Elsa Morante "La Storia", in onda queste settimane su Rai Uno, ha riacceso le luci – in verità mai completamente spentesi – sull’autrice di una delle maggiori opere della letteratura italiana del secondo Novecento. Il romanzo, ambientato negli anni della seconda guerra mondiale, fu pubblicato cinquant’anni fa nella collana Gli Struzzi dalla casa editrice Einaudi direttamente in edizione tascabile e a basso costo per volere della stessa autrice, che aveva iniziato a scriverlo tre anni prima, nel 1971, quando ricorrevano i trent’anni dal suo matrimonio – poi naufragato – con lo scrittore Alberto Moravia (1907-1990). Matrimonio che era stato celebrato da un sacerdote di San Severino, il gesuita padre Pietro Tacchi-Venturi (1861-1956), figura assai influente nei rapporti tra lo Stato e la Chiesa sin dagli anni precedenti il Concordato. Il religioso, autore di importanti studi sul missionario maceratese padre Matteo Ricci, aveva battezzato Elsa Morante (1912-1985) e da anni era suo confessore e guida spirituale. La scrittrice, che sin dal 1936 aveva una relazione con Moravia, volle sposarsi con matrimonio religioso e la cerimonia si svolse a Roma, nella Chiesa del Gesù, il Lunedì di Pasqua (all’epoca giorno non festivo) del 1941. Testimoni furono i giornalisti Leo Longanesi e Mario Pannunzio. La vita per la coppia in quegli anni non fu facile. Moravia era sgradito al regime e quando lo scrittore venne a sapere che rischiava di essere arrestato i due sposi scapparono da Roma. Fino alla Liberazione della Capitale vissero nascosti nelle campagne in provincia di Latina e furono proprio le vicende belliche di quegli anni ad ispirare in seguito i due autori. Moravia nel 1957 scrisse "La Ciociara", romanzo reso più tardi famoso dall’omonimo film di De Sica, mentre Elsa Morante fu guidata da quella sua esperienza nella scrittura de "La Storia".

Senza quel matrimonio, di cui il religioso settempedano non solo fu il celebrante, ma probabilmente anche l’artefice, non ci sarebbe stata la fuga da Roma, la sofferenza del vivere nascosta e non ci sarebbe stato il lungo romanzo (oltre 600 pagine) del 1974, che all’epoca divise la critica e che in queste settimane unisce milioni di spettatori davanti alla TV.