San Giovanni torna a splendere dopo 25 anni

Festa grande per la riapertura dopo 14 mesi di lavori. Il vescovo Marconi: "È tutto come prima, come se non fosse stato fatto nulla"

San Giovanni torna a splendere dopo 25 anni

San Giovanni torna a splendere dopo 25 anni

Il grande portone di legno si è finalmente aperto per dare l’opportunità a Macerata e ai maceratesi di riappropriarsi, dopo 25 anni di chiusura, della loro amata chiesa di San Giovanni. Un luogo caro a molti che adesso, in attesa che venga recuperato il duomo, sarà la cattedrale della città. Un’emozione per tutti rimettere piede a San Giovanni ieri mattina, nella riapertura ufficiale dopo 14 mesi di lavori e oltre tre milioni di euro investiti, a partire dal vescovo Nazzareno Marconi che, per la prima volta, non ha trattenuto la commozione. "Riavere san Giovanni, "il mio bel san Giovanni" – ha detto monsignor Marconi – come diceva Dante pensando a una chiesa da lui altrettanto a lungo desiderata, è il coronamento di un progetto che mi accompagna fin dalla nomina a vescovo di Macerata: ridare alla città, con il recupero integrale e una moderna rifunzionalizzazione dell’intero complesso che ruota attorno a questa chiesa, un fulcro culturale importante".

Una riapertura che si fonde, come "in una perfetta regia presieduta dall’alto" – come ha sottolineato ancora il vescovo –, con il Papa che ha firmato proprio ieri mattina il decreto di venerabilità di padre Matteo Ricci. "La storia maceratese ha un campione locale, ma di peso universale, che ha interpretato questo stile sistolico, missionario e propositivo di Chiesa – ha aggiunto il vescovo Marconi – il nostro padre Matteo Ricci, che proprio partendo da San Giovanni è andato verso il mondo, fino agli estremi confini dell’Oriente. Mi sembra particolarmente illuminante che padre Matteo abbia caratterizzato questo stile missionario sui registri del dialogo culturale e dell’amicizia tra i popoli che nasce e cresce però a partire dall’amicizia tra le persone". E San Giovanni, chiesa dei gesuiti che ieri è stata riaperta e oggi pomeriggio sarà consacrata con una messa solenne a patire dalle 16, sarà la "casa" della confraternità del Sacro Cuore di Gesù. Insieme alle autorità civili e militari, tanti i maceratesi che ieri hanno voluto varcare la soglia della chiese per vedere come era stata recuperata. Ma il modo più bello, come ha sottolineato il vescovo è stato proprio quello di intervenire "come se non fosse stato fatto nulla", recuperando la chiesa così come in tanti se la ricordavano, luminosa, con la grande navata centrale e piena di marmi.

A fare da cerimoniere è stato don Gianluca Merlini, segretario generale della Diocesi, anche lui trattenendo a stento l’emozione, tanto da passare subito il microfono al sindaco Sandro Parcaroli che, però, ha sorpreso tutti ."Questa volta non mi emozionerò – ha detto il primo cittadino –. In 14 mesi è stato ricreato un gioiello per la città e uno spazio importante per la comunità, una basilica che oso paragonare a quella di San Pietro". Il sindaco ha ribadito più volte come la chiesa sia "di tutti" e non abbia "un colore politico", per questo ha voluto ringraziare anche le passate amministrazioni comunale e regionale che hanno dato il via al progetto di restauro. "Un restauro magnifico – ha aggiunto il governatore Francesco Acquaroli –, una chiesa sfolgorante, piena di opere d’arte, un luogo che per secoli è stato centrale anche grazie a padre Matteo Ricci. Questa opera conferma che, quando le istituzioni sono messe nelle condizioni di lavorare nella filiera, si possono ottenere risultati importanti". Tra le autorità presenti anche il soprintendente Giovanni Issini che ha ringraziato "i protagonisti di un’impresa" e raccontato che il Ministero ha già invitato a presentare un report a livello nazionale sul lavoro di recupero della Collegiata.

Ha ringraziato il vescovo per la massima fiducia riconosciuta, l’architetto Giacomo Alimenti, segretario dell’ufficio tecnico della Diocesi. "Abbiamo lavorato tutti, tanto, insieme, dal manovale, al capomastro, dal dipendente al titolare, dalla direzione lavori all’ufficio di committenza – ha aggiunto –. Non siamo una macchina perfetta, ma una macchina perfettibile, un corpo vivo, così come viva è la nostra chiesa. A nome di tutti rinnovo il sentimento di enorme gratitudine a sua eccellenza il vescovo, perché in pochi avrebbero permesso a un gruppo di lavoro di intervenire in maniera così importante".