"Tutti gli infermieri si vogliono dimettere"

Gruppo Kos, tagli al personale e ferie a rischio. I lavoratori: "Siamo ridotti all’osso, di notte c’è solo una persona per 85 pazienti su due piani"

"Tutti gli infermieri si vogliono dimettere"

"Tutti gli infermieri si vogliono dimettere"

di Giorgio Giannaccini

"Nella struttura di Montecosaro gli infermieri non ne possono più e tutti si vogliono dimettere. Infatti siamo ormai ridotti all’osso: nell’ultimo mese abbiamo avuto 23 pazienti positivi al Covid, oltre a nove nostri colleghi che hanno contratto il virus, quindi siamo davvero in emergenza".

E’ la testimonianza di Daniela De Angelis, 46enne di Macerata e coordinatrice infermieristica della rsa di Montecosaro. Lei è tra i 60 dipendenti che martedì pomeriggio hanno preso parte allo sciopero davanti all’Istituto Santo Stefano di Porto Potenza, organizzato dai sindacati Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl, per chiedere migliori condizioni di lavoro nelle due strutture sanitarie che appartengono al gruppo Kos Care.

"Gli infermieri per sopperire alla situazione di carenza nell’organico devono lavorare almeno un’ora in più per ogni turno, che però non viene pagata – osserva ancora De Angelis –. E questo accade tutti i giorni, ormai esausti. E c’è sempre la questione del contratto collettivo nazionale di lavoro che non viene rinnovato da 12 anni: rispetto a un collega della sanità pubblica, noi percepiamo di media 300 euro in meno ogni mese".

Anche Annalisa Caponio, oss di 38 anni in servizio sempre nella rsa di Montecosaro, denuncia come la situazione sia diventata a dir poco pesante. "I problemi sono tanti – afferma Caponio –. Ma quello principale è il turno di notte: da due infermieri siamo passati a un solo in servizio, che deve assistere 85 pazienti su due piani. Parliamo di anziani in gravi condizioni. Poi, nel turno di mattina, hanno tagliato un oss. Così facendo ci stanno rimettendo i pazienti e pure noi abbiamo perso la voglia di lavorare, perché ci siamo formati per aiutare il prossimo ma in tali condizioni non riusciamo a farlo". Tra chi protestava c’era inoltre un pensionato, il 67enne Cesare Menghini, che per quasi 40 anni ha lavorato prima come oss e dopo da impiegato amministrativo all’Istituto Santo Stefano.

"Sono andato in pensione a febbraio del 2022, però sono qui perché da sempre ho fatto parte dei sindacati interni. Purtroppo tante difficoltà c’erano già quando lavoravo, e oggi sono aumentate – racconta –. Già due anni fa avevano tagliato i posti di lavoro, tra gli addetti al refettorio (sei) e gli oss (tre). Ma non solo, attualmente il 45% del personale (su 400 dipendenti) è a tempo determinato, e perciò cambia ogni sette mesi. E c’è una carenza di 15-20 unità lavorative per tutto l’anno, oltre ad altre 20 per il periodo estivo".