"Cellulari in classe? Dipende. Si può usare per la didattica attiva"

Giovanna Morini, preside del liceo Muratori-San Carlo: "Dobbiamo prendere del buono da tutto. Con lo smartphone ci si può collegare su piattaforme particolari per eseguire specifici test con i docenti"

Un ragazzo col cellulare

Un ragazzo col cellulare

Modena, 18 settembre 2022 - Nessuno vuole demonizzare cyberspazio, media digitali e tecnologia in generale, ben sapendo che, come in medicina, è la dose che fa il veleno. Un uso intensivo dello smartphone e della pratica del multitasking ha delle conseguenze negative sull’attenzione e sulle capacità di apprendimento. Ecco perché un po’ di sano ‘digiuno’, soprattutto nei momenti in cui i ragazzi possono e debbono socializzare con i compagni, può aiutare a ristabilire la ‘giusta dose’. Come ricorda Giovanna Morini, dirigente scolastico del liceo Muratori-San Carlo, che interviene sulla decisione della collega del Malpighi di Bologna di vietare l’uso dei cellulari a scuola.

Preside lei vede gli studenti sempre attaccati al proprio smartphone?

"Guardi, noi in passato abbiamo aderito al progetto ‘Challenge4me’ che proponeva la sfida di spegnere il proprio telefono e di chiuderlo in una busta sigillata per tre giorni, con l’obiettivo di promuoverne un uso consapevole. Gli studenti avevano apprezzato questo esperimento e durante la verifica erano emerse risposte molto interessanti: c’è chi si era dedicato di più agli amici, chi aveva dato spazio alla lettura, chi aveva sofferto per i tanti spazi vuoti durante la giornata e qualcuno aveva ammesso di non essere riuscito a concludere la prova".

C’è chi lo considera come un pericolo.

"Certamente l’utilizzo degli smartphone ha portato a un ampliamento straordinario delle possibilità di comunicazione e rappresenta una straordinaria opportunità d’apprendimento, stimolando la curiosità dei ragazzi e potenziandone la capacità di esplorazione e comprensione. Tuttavia il suo utilizzo senza adeguate cautele espone i più giovani a diversi rischi".

In classe bisognerebbe vietarlo?

"Dipende. Per esempio durante la pandemia l’abbiamo usato tantissimo come strumento di lavoro. È vero, i ragazzi lo usano tanto anche fuori dalla classe, nei momenti di ricreazione, a casa, in famiglia e con gli amici. Al rientro a scuola in questi giorni credo che il problema si riproporrà quindi potrebbe essere necessario proporre qualche forma di auto-controllo e modalità di uso. Con gli insegnanti non ne abbiamo ancora parlato, valuteremo se ce ne sarà bisogno. Ma non dobbiamo però demonizzare questo strumento".

Perché può fare anche del bene?

"In classe se ne può fare un uso scorretto, per esempio durante le verifiche. Ma abbiamo sperimentato in questi anni un uso interessante di didattica attiva, utilizzando lo smartphone per collegarsi su particolari piattaforme ed eseguire specifici test assieme agli insegnanti. Quindi come sempre dobbiamo prendere del buono da tutto. Poi è vero, i ragazzi soprattutto dopo il Covid fanno fatica a relazionarsi e si isolano durante la ricreazione. Per questo bisogna aiutarli a recuperare forme di convivialità. Ma non lo può fare solo la scuola, vanno coinvolte le altre agenzie educative, a partire dalle famiglie".