Chiude la mostra contestata. La scelta dell’artista Saltini: "Ferito anche nell’anima. Ma non è una resa, la rifarei"

A sorpresa ’Gratia Plena’ si conclude in anticipo: "Costi per la sicurezza dei visitatori non sostenibili. E sono stanco di essere il capro espiatorio di divisioni interne alla chiesa che esulano dall’arte".

Chiude la mostra contestata. La scelta dell’artista Saltini: "Ferito anche nell’anima. Ma non è una resa, la rifarei"

Chiude la mostra contestata. La scelta dell’artista Saltini: "Ferito anche nell’anima. Ma non è una resa, la rifarei"

Ha scelto poche parole, chiare e lapidarie, per comunicare, ieri mattina alle 10 sui social, la conclusione della sua mostra, ‘Gratia Plena’, al centro di settimane di polemiche. Andrea Saltini, l’artista carpigiano autore della personale esposta dallo scorso 2 marzo al Museo diocesano di Carpi, ha deciso, "suo malgrado", di anticipare la chiusura dell’esposizione che sarebbe durata fino al 2 giugno nelle originarie intenzioni. Una decisione "difficile e sofferta", che giunge dopo molti attacchi mediatici e verbali diretti contro l’artista, e scatenati all’indomani dell’inaugurazione da un articolo on line della ‘Nuova Bussola Quotidiana’, che ha tacciato come blasfemo un quadro, ‘Inri – San Longino’. Un clima di tensione che ha visto il susseguirsi di rosari ‘riparatori’ innanzi a Sant’Ignazio (sede del Museo), la visita del sedicente diacono esorcista ‘Padre David’, esposti in Procura contro l’artista (e anche contro il vescovo Castellucci e i curatori della mostra), fino all’aggressione fisica a Saltini da parte di un ignoto (ancora ricercato) che, travisato con mascherina e parrucca, ha prima deturpato e lacerato con un coltello in più punti la tavola oggetto di polemiche, e poi si è scagliato contro l’artista, colpendolo al volto e cagionandogli un taglio suturato in ospedale. Il grido di solidarietà a Saltini si è fatto sentire: tanti si sono schierati in sua difesa, dal sindaco di Carpi Bellelli, a colleghi artisti, fino ai comuni cittadini che poche settimane fa hanno manifestato in oltre cento al suono di #siamotuttiandreasaltini. Ma quella ‘ferita’, sulla sua tavola come nel suo cuore, non si è rimarginata.

Andrea, come ha maturato questa scelta?

"La decisione è dettata dal mio precario stato di salute, conseguente all’aggressione subita e alle continue manifestazioni di dissenso culminate nei noti episodi di violenza fisica e verbale. Inoltre non mi è più possibile sostenere i costi relativi alla sicurezza, prima non preventivati, indispensabili al fine di garantire l’accesso sereno dei visitatori e l’incolumità di tutti i collaboratori e i volontari".

E’ una resa la sua?

"No. Se fossi stato in battaglia e mi fossi arreso, poteva essere considerata tale. Ma io non ero in guerra: è la loro guerra, non la mia. Mi hanno solo ‘usato’ e sono stanco di essere il pretesto per proseguire con le loro polemiche, scaturite dalla chiusura mentale e da diatribe che nulla hanno a che fare con me e con l’arte".

‘Loro’: a chi si riferisce?

"Ai gruppi di tradizionalisti, conservatori, ultracattolici, ben lontani da un altro tipo di Chiesa". In che senso si sente ‘usato’? "Fin dall’inizio mi sono messo a disposizione per un contraddittorio, ho sempre presenziato alle visite, ho risposto a ogni domanda. Pareva che la situazione stesse rientrando, invece no. All’inizio ho pensato di trattasse di un ‘grande equivoco’, poi invece ho capito che era tutto orchestrato, io ero il ‘capro espiatorio’ delle loro divisioni interne. Il medico mi ha dato altri 15 giorni di prognosi: la ferita esterna è guarita, quella interna no. Non dormo, non riesco a lavorare, a dare vita alla mia arte".

Rifarebbe questa mostra?

"La rifarei subito. E non cambierei nulla, perché nelle mie opere non c’è alcun intento scabroso o provocatorio. In ‘Inri’ volevo semplicemente ‘coprire’ la nudità di un uomo, come in passato era stato fatto con i corpi della Cappella Sistina. Non c’è alcuna malizia in San Longino che tocca il costato di Cristo sceso dalla Croce, probabilmente lo sta aiutando".

Che destino per le opere?

"La metà dei quadri esposti sono stati acquistati già prima che la mostra inaugurasse. Non ho certo bisogno della ‘bagarre’ che hanno creato per vendere la mia arte. Sono rimaste due o tre opere per le quali sono in trattativa. Per quanto riguarda ‘Inri’, ho ricevuto molte offerte, specie dagli Stati Uniti, da galleristi di New York e Brooklyn, cifre importanti, ma quella è l’unica che ora non è in vendita, sento di volerla tenere vicina ancora un altro po’, fa parte di una mia elaborazione personale". Era la prima mostra nella sua città, Carpi: è amareggiato?

"Sono conosciuto e apprezzato molto più all’estero che in Italia, ma perché qui si ha la mentalità provinciale, e poi il detto ‘Nemo propheta in patria’ è assolutamente vero. Lo ammetto, ero molto felice di poter finalmente esporre nella mia città, e che il Museo diocesano manifestasse una tale apertura mentale, anche alla luce del messaggio di Papa Francesco agli artisti. Infatti, questa mostra doveva essere solo il primo di una serie di eventi e incontri nell’ambito di un cammino sinodale".

Infine, in merito all’aggressione c’è chi mette in dubbio che sia avvenuta: cosa ne pensa? "Queste persone erano presenti quella mattina? Se sì, nell’ambito del processo che molto probabilmente ci sarà (in tribunale, e non suoi giornali o sui social), sarò davvero felice di ascoltare la loro versione".