Stefano Marchetti
Cronaca

“Finale Emilia, il Duomo aperto ci riempie di gioia"

Dopo dodici anni dal terremoto, il Duomo riapre le sue porte, emozionando i residenti che vi ritrovano speranza e memoria. La cerimonia solenne, presieduta dall'arcivescovo, sottolinea l'importanza di valorizzare il patrimonio artistico e affettivo della chiesa.

Visite nel Duomo riaperto

Visite nel Duomo riaperto

Finale Emilia, 28 maggio 2024 – Una signora accende una candela alla Beata Vergine delle Grazie, patrona di Finale: "Era da tanto che volevo rivederla, tornare qui. È una gioia immensa, indescrivibile". E come lei hanno fatto in tantissimi, già dal primo mattino di ieri: centinaia di persone sono entrate in Duomo per riscoprirlo, ‘ritrovarlo’, tornare ad abitarlo. Biciclette e due chiacchiere sul sagrato, i due gradini per entrare, l’acquasantiera, un segno di croce, il silenzio dello stupore.

"Già alla Santa Messa delle 8 c’erano tantissimi fedeli", dice don Isacco Spinelli, prezioso collaboratore del parroco. Sono trascorsi dodici anni dalle scosse di terremoto del maggio 2012, dodici anni in cui tutti i finalesi "si sono sentiti come orfani di questo Duomo", ha sottolineato il parroco don Daniele Bernabei: ecco perché la festosa riapertura del Duomo, domenica scorsa, è stata vissuta proprio come una rinascita, un segno forte di speranza.

Sono stati centinaia i finalesi (e non solo) intervenuti alla cerimonia dell’altro pomeriggio, con la solenne celebrazione presieduta dall’arcivescovo Erio Castellucci. E tanti l’hanno seguita anche dal maxischermo in piazza Verdi. Vestito e illuminato a festa, con i fiori, i candelabri a specchio, i Carabinieri in alta uniforme, la Polizia locale con il gonfalone del Comune, il Duomo era davvero uno splendore. "C’eravamo forse dimenticati della meraviglia di questa chiesa", sottolinea un finalese. Il Duomo è un vero scrigno d’arte: oltre alla tela di Guercino – rientrata dal Museo diocesano di Nonantola dove è stata custodita dal tempo del sisma – sono tante le pale, i dipinti e le sculture di pregio all’interno del Duomo, come un museo che ora merita di essere sempre più valorizzato. Ma ciò che più conta è che il Duomo – come ha ben rimarcato l’arcivescovo nella sua omelia – custodisce i ricordi, la memoria e gli affetti di tutti i finalesi. "Io ci venivo già da ragazzo, negli anni ‘50: qui c’erano tantissimi giovani, e tanti sacerdoti indimenticabili. Un luogo che tutti noi portiamo dentro", dice Roberto.

Un luogo curato con affetto, un luogo che ricorda che a Finale ci sono ancora tante altre ferite del sisma da risanare, a cominciare proprio dal Palazzo Comunale che sta dirimpetto al Duomo. Dodici anni sono passati e – dicono in tanti – "speriamo non ne passino altri dodici prima di vivere un’altra gioia".