MARIA SILVIA CABRI
Cronaca

Il podcast di Luca Bizzarri è un monologo: "Quando la politica va oltre il ridicolo..."

L’attore porta al Michelangelo ’Non hanno un amico’, format che online ha riscosso un grande successo: una collezione di scivoloni

Il podcast di Luca Bizzarri è un monologo: "Quando la politica va oltre il ridicolo..."

Il podcast di Luca Bizzarri è un monologo: "Quando la politica va oltre il ridicolo..."

"Sono Luca Bizzarri, questo è un podcast di Chora Media e si chiama ‘Non hanno un amico’". Ogni giorno sono tantissime persone che ascoltano questo incipit (e relativa musichetta) mentre fanno colazione o stanno andando al lavoro. Partendo dai vari podcast scritti insieme a Ugo Ripamonti, l’attore e comico Luca Bizzarri ha dato vita all’omonimo spettacolo, ‘Non hanno un amico’, che porterà stasera alle 21 al Teatro Michelangelo di Modena. Esattamente come nel podcast, nato per raccontare la campagna elettorale (il meglio del peggio dei politici italiani) e portato avanti grazie a una media di cinquantamila ascolti giornalieri e un milione di streaming al mese, al centro della rappresentazione c’è la comunicazione politica dei nostri tempi, i fenomeni social, i costumi di un nuovo millennio confuso tra la nostalgia del novecento e il desiderio di innovazione tecnologica e sociale.

Luca, secondo lei i politici ‘non hanno un amico’?

"Non ce l’hanno, altrimenti non direbbero certe cose né farebbero certi ‘scivoloni’. Ad esempio, se il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida avesse avuto un amico, non avrebbe dichiarato che non commenta il caso di Ilaria Salis (l’attivista italiana che durante il processo in Ungheria è stata portata in aula con le catene alle mani e ai piedi, ndr) perché, dice lui, ‘non ho visto le immagini’, le foto pubblicate sui giornali. I politici sono spesso persone sole, che si circondano di ‘yes man’, che pagano per gestire i loro problemi. Sarebbe meglio avere un amico, ossia una persona che ti dice quando sbagli, che ti dà torto".

Ha affermato che non le piace parlare di politica ma di comunicazione politica: che differenza c’è?

"Purtroppo pochissima in questo momento. Ora la politica, che sarebbe l’arte del fare, amministrare, gestire, è soprattutto comunicazione politica che invece è il comparire, il dire la cosa giusta nel momento giusto, il sapere fare dei bei video". Sono cosi ‘ridicoli’ i politici italiani?

"Più che non avere senso dell’umorismo, non hanno il senso del ridicolo. Ad esempio, Calenda, che è pure preparato, poi casca sulle vanterie, e potrebbe rischiare il fare la fine di Renzi, prima in ascesa, poi si è accartocciato sulla sua vanità che è il peggior pericolo che corrono".

E lei sai cogliere…

"Non occorre uno tanto bravo per individuare le loro debolezze… sono loro che sono imbarazzanti. Più di così cosa devono fare per agevolare il lavoro di noi comici? Pensa se fossero persone serie…".

Ha mai ricevuto dei feedback da parte dei politici direttamente interessati?

"Purtroppo sì. C’è chi si lamenta e chi mi telefona per complimentarsi".

E allora… perché ‘purtroppo’? "Perché non mi piace quando i politici si scambiano di ruolo con i comici. Sono due modi distinti, ed è rischioso. La politica è una cosa seria e tale deve restare. Per questo dovrebbero eliminare ogni forma di vanteria e il fare a volte i ‘gradassi’".

Ricorda qualche episodio particolare?

"Quando ho iniziato a fare le ‘copertine’, ricordo Di Maio non voleva mai essere in studio mentre la realizzavamo. All’inizio la cosa mi dava fastidio, poi ci ho pensato a lungo e ho capito, aveva ragione: non voleva essere complice della mia satira". Autoironia anche?

"Parto dai miei difetti, e poi arrivo a quelli dei politici; la mia vanità è uguale alla loro, io semplicemente faccio un lavoro, il saltimbanco, che mi permette di esprimerla".

Perché, oltre al podcast, ha voluto fare anche o spettacolo? "Da un po’ volevo provare a scrivere un monologo, per mettermi alla prova. Poi, quando sono arrivato alla puntata 200 del podcast, mi sono detto: ‘Be’, forse l’ho già scritto’".