Il potere e lo sfruttamento. Allo Storchi l’"Orgia" di Pasolini

La produzione Ert vede sul palco Federica Rosellini e Gabriele Portoghese: "Saremo a contatto con il pubblico"

Il potere e lo sfruttamento. Allo Storchi l’"Orgia" di Pasolini

Il potere e lo sfruttamento. Allo Storchi l’"Orgia" di Pasolini

‘Orgia’ è l’unica tragedia di Pier Paolo Pasolini da lui stesso diretta e allestita nell’autunno caldo del 1968 a Torino. L’opera in versi è ora riproposta in forma di originale lettura, con protagonisti due grandi interpreti della scena teatrale italiana, Federica Rosellini e Gabriele Portoghese, che la porteranno in scena, stasera e domani, al Ridotto del Teatro Storchi di Modena. La pièce è una produzione di Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, realizzata nell’ambito del progetto 2022/23 ‘Come devi immaginarmi’ dedicato a Pasolini e ideato dal direttore di ERT Valter Malosti insieme allo studioso Giovanni Agosti. Costituita da un prologo e sei episodi, la vicenda si sviluppa nella camera da letto dell’Uomo e della Donna, coniugi di mezza età appartenenti alla ricca borghesia cittadina. La coppia si prepara a consumare un rapporto di estremo sadomasochismo. "La scelta di realizzare questo spettacolo è stata ‘casuale’ – racconta Federica Rosellini -. Gabriele ed io abbiamo incontrato Valter Malosti al Centro Teatrale Santacristina, dove stavamo studiando alcuni testi di Pasolini. Per caso abbiamo iniziato a leggere a voce alta ‘Orgia’ e lui ci ha proposto questo reading". Un allestimento particolare porta i due attori a diretto contatto con il pubblico, tutti attorno alla stessa tavola: "Una prossimità che porta a condividere le emozioni con gli spettatori e a percepirne le sensazioni. Un dialogo a due che però, grazie a questa vicinanza, porta ad una moltiplicazione dei corpi in cui la parola è come un bisturi per dissezionare il concetto di desiderio e di tutto ciò che attiene all’intimità".

L’Uomo è carnefice ma nello stesso tempo è usato dalla Donna che accetta ogni violenza con felicità ed obbedienza, complice del proprio sfruttamento. Incapace di ripristinare una inconsapevole e tacita obbedienza al potere, la Donna si suicida. L’Uomo ripropone lo stesso rito, senza però riuscirci, a una giovane ragazza. Rimasto solo si ribella alla sfera del potere e rivendica la propria diversità vestendosi da donna. Ma la scissione dei due ruoli, l’Autorità, il Potere, il Padre da una parte e la sua diversità dall’altra, porta anche lui al suicidio. Si impicca dopo il monologo finale, rivolto direttamente agli spettatori. "Si comincia – affermano gli attori –. Un’ironia crudele su una partitura dolorosa. Federica si ritrova a cercare ‘il limite del tempo’ nella profondità liquida di quelle acque che la riportano a casa: una consolazione dolce in un’insonnia in cui i sogni sono dei déjà vu".