La tragedia dimenticata di don Talè: libro inchiesta sull’atroce delitto

Guiglia, fu ucciso con la perpetua da partigiani nel 1944: Fantozzi ha ricostruito gli atti del processo

La tragedia dimenticata di don Talè:  libro inchiesta sull’atroce delitto

La tragedia dimenticata di don Talè: libro inchiesta sull’atroce delitto

Riemerge grazie alla minuziosa ricerca di Giovanni Fantozzi la vicenda di don Ernesto Talè, parroco di Castellino delle Formiche (Guiglia) e della sua perpetua Maria Belleni, barbaramente assassinati il 12 dicembre del 1944 da un gruppo di partigiani comunisti. Finora, solo scarne e contraddittorie ricostruzioni erano note. Un fatto di sangue che, a distanza di tanti anni, merita di essere riscoperto e compreso, con la speranza che possa rendere ‘giustizia’ alle vittime. Il libro di Fantozzi ’L’omicidio di don Ernesto Talè e Maria Belleni’ edito da Artestampa (p. 212, euro 28), ricostruisce non solo la dinamica dell’omicidio e le vicende giudiziarie, ma anche la vita di don Talè e il contesto di Castellino dove maturò il delitto che, per l’autore, può essere considerato il più grave tra quelli di cui furono vittime esponenti del clero nel periodo bellico e postbellico in provincia di Modena.

Come ha scoperto la storia?

"E’ stato un caso. Conoscevo la vicenda ma i contorni erano approssimativi, contraddittori. Un amico mi segnalò l’esistenza di un fascicolo all’Archivio di Stato di Bologna, che riguardava gli atti giudiziari del duplice omicidio. La lettura del fascicolo, nel quale emerge lo svolgimento dei fatti e l’identità dei responsabili, quasi tutti rei confessi, è stata sorprendente. E la sorpresa ha lasciato posto allo sconcerto quando ho letto le motivazioni della sentenza del 1947, con la quale la Corte d’Appello di Bologna applicava l’amnistia per gli assassini. Solo il pesante condizionamento sui magistrati imposto dal contesto politico del dopoguerra può spiegare tale decisione".

Chi furono gli omicidi?

"Gli atti raccontano di un assassinio perpetrato senza scrupoli da un gruppo di 5 partigiani guidati da un balordo capobanda che imperversava a Guiglia, Luigi Nervuti, ispirato da Odoardo Solfanelli e dalla madre Ida Bertinelli, che conducevano a mezzadria il fondo della parrocchia".

Quale fu la ‘colpa’ del don?

"Don Talè fu senza dubbio una vittima innocente, e ancor più Maria Belleni, che volle spontaneamente seguirlo nel suo tragico destino. Venne accusato di essere una spia dei fascisti e dei tedeschi, responsabile del rastrellamento che aveva avuto luogo nel luglio ‘44. L’accusa era priva di qualsiasi fondamento perché lo stesso sacerdote fu percosso e arrestato dai fascisti, e la canonica saccheggiata. Nella sentenza, tra l’altro, non c’è un cenno all’uccisione della Belleni, ancor più ingiustificabile di quella del prete. I veri moventi furono l’odio personale, religioso e la rapina".

Il processo, che lei ha riscoperto, era stato voluto dal CNL locale…

"E’ uno degli aspetti paradossali della vicenda. La testimonianza di Marco Conti, presidente del locale Comitato di Liberazione Nazionale, e per qualche mese dopo la Liberazione sindaco di Guiglia, non lascia dubbi. Nel 1946 dichiarò ai magistrati che né a lui, né ad altri esponenti della Resistenza era mai giunto all’orecchio che don Talè fosse un delatore e comunque nessuno aveva la facoltà di eliminare una spia, tantomeno un prete, senza ordine dei comandi partigiani. A Conti e agli altri della brigata Matteotti, la notizia del delitto provocò sconcerto, tanto che fu diramato l’ordine di catturare e fucilare Nervuti, noto per le sue ’scorrerie’. La sentenza venne sospesa, ma il capobanda venne denunciato poi all’autorità giudiziaria nell’immediato dopoguerra".

Che fine hanno fatto i resti di don Talè e della Belleni?

"Dopo il rinvenimento dei resti nel 1945, i funerali furono celebrati a Roccamalatina. Su una croce in legno era scritto ‘don Ernesto Tale’. Pure l’accento era stato dimenticato, tanto che qualcuno si chiedeva chi fosse quel prete ‘tale’. Dopo qualche tempo i resti furono dispersi nell’ossario. La Belleni venne sepolta a Trevozzo di Nibbiano nel Piacentino, suo paese d’origine, e anche la sua tomba non esiste più. L’oblio che ha avvolto la vicenda è frutto della rimozione collettiva di un delitto in cui molti si sentivano chiamati in causa. Subito dopo la scomparsa del confratello, il parroco di Guiglia don Pedretti manifestò la propria indignazione chiedendo al vescovo di Modena di pronunciare sulla frazione una sorta di scomunica collettiva".

Cosa ne fu dei responsabili?

"Continuarono a condurre la loro vita tra Guiglia e Castellino. Nervuti trovò posto come cantoniere comunale, i mezzadri Solfanelli continuarono ad abitare nella casa del beneficio parrocchiale, come se nulla fosse. Solo nel 2021, per iniziativa di alcuni residenti, è stata affissa a Castellino una lapide alla memoria di don Talè e della Belleni ‘che tanto bene fecero alla comunità’. E tanto male ricevettero in cambio, verrebbe da dire".

Matteo Giannacco