Riolunato (Modena), 10 settembre 2024 – Si festeggiano oggi a Castello di Riolunato le ‘nozze di platino’ dei coniugi Memore Contri e Maria Eva Contri. Si erano infatti sposati ben 75 anni fa nella locale chiesa di Castello, dove vivono ancora oggi coi familiari tra cui la figlia Luciana. Memore (prossimo ai 98 anni) e Maria Eva (96 anni) sono una coppia assai conosciuta ed apprezzata nell’Appennino modenese che continua a registrare record di longevità, anche tra i familiari delle famiglie Contri. A dispetto dell’età, Memore non manca mai alle iniziative paesane ed ha meritato un plauso anche al ‘Maggio’ cantato di Castello ad inizio estate. Dopo una gioventù cresciuti assieme, Memore e Maria Eva si erano sposati nel dopoguerra, il 10 settembre del 1949. E proprio la Seconda guerra mondiale aveva segnato gli anni prima del matrimonio con Memore che esercitava la professione di pastore e fu protagonista nel 1944 di una rischiosa transumanza col gregge in Toscana attraversando la Linea Gotica, passando cioè dal territorio emiliano controllato dai tedeschi a quello toscano già liberato dagli americani, vicenda che oggetto di un apposito convegno e mostra 5 anni fa. "Io e altri – racconta Memore – abbiamo rischiato la vita in più occasioni, ma ci trovavamo in una situazione disperata per il nostro sostentamento: andare con le greggi nei soliti luoghi di transumanza (bassa ferrarese, bolognese e mantovana) era assolutamente impossibile". Infatti il fronte sarebbe stato sfondato da lì a poco e la guerra li avrebbe travolti. Decisero quindi di attraversare la Linea Gotica e di passare l’inverno in Toscana. Memore assieme a Primo Rocchi, Viro Rocchi e Astorre Contri della zona di Riolunato e di Castello, oltre a quattro pastori di Fanano, partirono il 2 novembre del 1944 con circa un migliaio di pecore. In Garfagnana perse la vita un giovane di Riolunato, Antonio Gianni. "Ma in Toscana – racconta Memore – trovammo poderi dove trascorrere l’inverno, pagando con agnelli, formaggi e ricotte gli affitti e il cibo". Vissero come nomadi coi pochi vestiti portati con sé laceri, bagnati e sporchi. Molte volte riuscivano a sfamarsi in modo soddisfacente razzolando tra i resti dei soldati americani. Guardavano con invidia i Toscani che indossavano pantaloni, giacche e scarponi donatigli dagli americani, ma continuarono il viaggio imperterriti per tornare col "capitale" ovino e garantire così un futuro alle famiglie. Il viaggio di andata durò alcuni mesi mentre l’anno seguente dopo la Liberazione il viaggio di ritorno durò soltanto una decina di giorni. In tutto questo periodo non poterono dare informazioni alle famiglie.
Giuliano Pasquesi