Trent’anni senza Ayrton Senna. L’omaggio al grande campione: "Un dramma indimenticabile"

Il pilota verrà ricordato anche nell’ambito del Motor Valley Fest attraverso filmati e cimeli . Il racconto di Franco Servadei, medico del circuito: "Purtroppo era inoperabile fin da subito"

Il neurochirurgo Servadei

Il neurochirurgo Servadei

Modena, 1 maggio 2024 – Trent’anni senza Ayrton Senna. Il campione verrà ricordato nell’ambito del Motor Valley Fest, da domani a domenica (attraverso i cimeli esposti alla mostra ’High Speed’ a Palazzo Solmi, con un documentario al cinema Astra e tanto altro).

Ma c’è un altro legame tra il campione e la nostra città: è il neurochirurgo forlivese Franco Servadei che si è specializzato in neurochirurgia all’Università di Modena e che non dimenticherà mai "quel fine settimana drammatico".

E’ proprio lui a ricordare l’incidente che ha segnato la Formula Uno, tre giorni tragici fra il 29 aprile e l’1 maggio del 1994 all’autodromo di Imola, culminati con la traumatica morte del pilota brasiliano Ayrton Senna. Servadei, che all’epoca lavorava all’ospedale ‘Bellaria’ di Bologna, era il neurochirurgo del circuito per la parte italiana e lavorava insieme ad altri specialisti come anestesista, rianimatore, ortopedico coordinati dal neurologo inglese Sid Watkins, il medico della Formula Uno.

Dottore, quel primo maggio fu un giorno tremendo.

"A dire il vero furono tre giorni drammatici e molto difficili. In otto anni di servizio al circuito avevo visto solo piccoli incidenti, ma quello che accadde in quei tre giorni resta difficile da dimenticare".

Prima ci fu l’incidente a Rubens Barrichello...

"Pazzesco al pensiero. La macchina saltò una curva, si girò su se tessa a 360 gradi e riatterrò sulle quattro ruote. Auto distrutta, ma fortunatamente pilota illeso, l’ennesimo episodio che deve far riflettere sul destino e sulla casualità. Il giorno dopo ci fu la morte di Roland Ratzenberger e la domenica quella di Senna".

Cosa ricorda di tutto ciò?

"Tutto, e molto bene. Senna a causa del braccio della sospensione che nell’urto contro il muretto lo trafisse poco sopra l’occhio destro, ebbe il trauma più importante. Lo portammo in elicottero all’ospedale Maggiore di Bologna. Io ero insieme a lui e a Watkins e in ospedale ci aspettavano il dottor Andreoli fatto arrivare dal Bellaria ed il dottor Grossi. Durante il tragitto il ragazzo era ancora vivo ma la situazione cerebrale era molto critica".

Poi cosa accadde?

"Appena arrivati facemmo un consulto ma ci rendemmo subito conto che non c’era spazio per un intervento chirurgico perché le sue condizioni erano disperate. Venne organizzata una conferenza stampa nell’aula magna del Maggiore dove arrivarono 300 giornalisti, fra i quali coloro che mi rimasero più impressi furono i cronisti brasiliani che erano fra il disperato e il delirante. Dicevano che avremmo dovuto far venire i più grandi neurochirurghi dagli Stati Uniti e dal Brasile per far operare Senna, insomma ci trattavano come se fossimo in un paese del terzo mondo. Invece dopo un paio d’ore l’encefalogramma del pilota era piatto. La serietà dell’equipe di Bologna fu esemplare. Se avessimo tentato un intervento sarebbe morto ugualmente".

Dopo questi episodi continuò a frequentare il mondo della Formula 1?

"Era un mondo che sebbene non mi appassionasse, mi aveva molto affascinato, però no, non me la sentivo più di stare in quell’ambiente. Mi presi inizialmente una pausa che poi diventò definitiva. Si trattò di un’esperienza umana davvero molto forte, di quelle che non si dimenticano per la vita".

s.b.