Ucraina, 300 in corteo per la pace: "Vite stravolte, no all’indifferenza"

Kateryna, vent’anni, tra i manifestanti: "Sono fuggita da Odessa, giorni interni in pullman per rifugiarmi qui"

Ucraina, 300 in corteo per la pace: "Vite stravolte, no all’indifferenza"

Ucraina, 300 in corteo per la pace: "Vite stravolte, no all’indifferenza"

Tra le persone scese in piazza ieri, c’era anche Kateryna Polishchuk, vent’anni, scappata dai bombardamenti di Odessa pochi giorni dopo l’inizio della guerra e accolta a Modena a partire dal 27 marzo 2022. Come quella di tanti suoi connazionali, la vita di Kateryna è stata sconvolta da un giorno all’altro da un conflitto che non accenna a fermarsi.

Cosa ricorda dell’inizio della guerra?

"Ricordo che il 23 febbraio 2022 a Odessa è stata una giornata bellissima. C’era il sole, ero contenta e sono andata a lavorare. Al tempo, lavoravo in pizzeria e ricordo che, già quella sera, si sentiva dire che il giorno dopo sarebbe successo qualcosa di brutto in Ucraina, ma non volevo crederci, mi sembrava troppo strano. Finito il turno, sono andata a dormire e, la mattina del 24 febbraio, mi sono svegliata con mia madre che urlava: ’C’è la guerra, c’è la guerra!’. Era solo l’inizio di questo incubo".

Cos’è accaduto nei primi giorni dopo il 24 febbraio?

"Dopo l’inizio della guerra eravamo costretti a restare in casa. Mi ricordo i bombardamenti con tutto l’edificio che tremava. Ho tre sorelle di cui una molto piccola che, al tempo, non capiva cosa stesse accadendo, mentre io capivo perfettamente, ma non potevo fare nulla. Nostra madre ci diceva che l’unica cosa da fare quando cadevano le bombe era andare in corridoio, lontani dalle finestre e iniziare a pregare".

Come siete riuscite a fuggire dall’Ucraina?

"Inizialmente, mia madre voleva rimanere a Odessa e mandare via soltanto i bambini. Alla fine, invece, siamo partite tutte insieme: soltanto il mio patrigno è rimasto a combattere. Il primo paese in cui siamo arrivate è stata la Moldavia, dove abbiamo conosciuto un ucraino che aiutava i suoi connazionali a scappare, poi siamo partite: eravamo io, mia madre e le mie sorelle. Ricordo il viaggio in pullman: siamo rimaste in autobus per due giorni di fila. Prima siamo arrivate a Brescia e poi a Modena dove, inizialmente, sono stata accolta in via Milano". Com’è stata l’accoglienza?

"Sono arrivata insieme a tantissime persone, specialmente bambini e, a Modena, abbiamo trovato sempre ospitalità e solidarietà. L’associazione che per prima ci ha ospitate si chiama Leleka, una parola che in ucraino significa ‘cicogna’, perché è nata per aiutare soprattutto i bimbi".

Qual è l’idea più importante che deve emergere da questa manifestazione?

"Credo che ora sia fondamentale evitare l’indifferenza. È necessario parlare, esprimere quello che proviamo, raccontare le nostre esperienze. Spero che la guerra finisca, che l’Ucraina vinca e che la pace torni presto".

Jacopo Gozzi