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Un viaggio nella musica dell’800. Le magie di Volodos al pianoforte
Arriva al teatro Comunale Pavarotti Freni un altro dei più acclamati pianisti del nostro tempo: stasera (sabato 3) alle 20.30 Arcadi Volodos ci accompagnerà in un affascinante viaggio nell’Ottocento, riunendo brani di tre grandi compositori, Schubert, Schumann e Liszt, che furono anche legati fra loro da un rapporto di ammirazione reciproca. Di Franz Schubert verrà presentata la "Sonata in la minore D 845" (la sedicesima del suo catalogo ma la prima in ordine di pubblicazione, nel 1825), con le sue "divine lunghezze", il libero fluire della fantasia, il vagheggiare fra i pensieri. Sono un atto di libertà anche la "Davidsbündlertänze" (ovvero le "Danze della lega di David") che Robert Schumann scrisse nel 1837: diciotto miniature che volevano essere una polemica contro il cattivo gusto dei ‘filistei’ della musica. E per chiudere il concerto, la Rapsodia Ungherese di Franz Liszt, una composizione a tratti funambolica in cui si evocano anche i timbri caratteristici della musica tzigana: la ascolteremo nella trascrizione realizzata proprio dal maestro Volodos.
Nato a San Pietroburgo nel 1972, Arcadi Volodos si è affermato in un baleno fra i grandi del pianismo internazionale: già nel 1996 ha debuttato a New York, poi è stato invitato da tutte le grandi orchestre, dai Berliner Philharmoniker alla Chicago Symphony alla Staatskapelle di Dresda, suonando con i più famosi direttori, da Lorin Maazel a Zubin Mehta. Negli ultimi anni si dedica solamente ai recital per pianoforte solo: "Al pianoforte mi sono cimentato con grande piacere sia nella musica tedesca che in pagine più o meno note di Skrjabin e Rachmaninov – ha detto in un’intervista –. Per i prossimi anni ho in progetto l’esecuzione di tanto repertorio schubertiano che affiancherò ad autori quali Brahms, Debussy e Liszt".
Di Volodos viene ammirato il virtuosismo, con la capacità di affrontare pagine anche impervie e molto complesse: "Quella che molti leggono in me come una sorta di calma olimpica è in realtà uno stato di massima concentrazione – ha spiegato –. Non si tratta del nervosismo del giovane studente, ma di un momento di preparazione mentale per dare il massimo di sé in un tempo molto limitato e al momento preciso. Quando ero giovane avevo molta più fiducia in me stesso, ma con l’età le nostre esigenze diventano inaccessibili. Cresce il senso di responsabilità nei confronti dei compositori e non ci si accontenta mai".