
I piccoli coltivatori pronti a rinunciare alle diciture protette: "Aggravio burocratico inutile. Non aderiremo alla normativa, nata probabilmente per contrastare chi imbottiglia all’estero".
Arriva una bocciatura netta da parte dei piccoli produttori all’iniziativa del Consorzio Tutela Vini Emilia, che ha deciso di introdurre l’obbligo, dal 1° agosto 2025, della fascetta di Stato anticontraffazione per i vini Igp Emilia, da applicare sulle bottiglie. Gianluca Bergianti della Società Agricola Terrevive di Gargallo di Carpi commenta: "Per me è un danno che si fa al Lambrusco. Per quanto mi riguarda, non potrò più scrivere ‘Lambrusco’ sulle mie bottiglie se esco dall’Igp, seppure io venda il mio vino in 50 Stati del mondo. Lo chiamerò ‘Vino da tavola’, nessun problema, ma il mio vino non cambia; è sempre quello: rifermentato in bottiglia, naturale, biodinamico. Per me era un’operazione culturale scrivere ‘Lambrusco’ sulla bottiglia. Ci abbiamo messo infatti dieci anni per far conoscere ai consumatori di tutto il mondo la parola ‘Lambrusco’, e adesso non posso più usarla? A me va bene comunque, credo ci rimetteranno loro. Questa normativa, fatta così, è sbagliata e asseconda un sistema costoso, oneroso e illogico. Mi dispiace per il territorio, che si sta dando la zappa sui piedi da solo".
Paolo Menozzi di Podere Beghetto Vini, sempre di Carpi, aggiunge: "Noi facciamo vino da tavola con forte identità territoriale, e non vogliamo aderire a questa nuova normativa. E il costo non è solo l’unico motivo. Soprattutto, è perché il nostro vino è diverso da quello convenzionale. Noi rispettiamo la tradizione, rifermentiamo in bottiglia, usiamo lieviti indigeni e non selezionati. Il nostro è un vino naturale. Poi, io faccio 10.000 bottiglie all’anno, e dettare un obbligo simile per me è una forzatura. Del resto, avevo aderito all’Igp solo per motivi legati all’Ocm vino (organizzazione comune di mercato, uno degli strumenti della Pac, ndr) e per accedere ai bandi. Avevamo quindi chiesto una deroga per i produttori con una produzione sotto le 100.000 bottiglie. Se ce la concederanno bene, altrimenti amen, ma non aderiremo".
Massimo Cavani di Podere Prasiano (Festà di Marano) sottolinea: "È un adempimento burocratico inutile, che non aggiunge nulla al controllo di qualità. Chi si tutela davvero con questo provvedimento? Solo i grandi produttori, che possono permettersi di applicare la fascetta. Prima questa era una direttiva facoltativa, poi evidentemente qualcuno ha voluto fare il primo della classe. In ogni caso io non mi adeguerò: chiamerò quello che faccio (noi produciamo vini fermi, Merlot e Cabernet) semplicemente Vino da tavola. Se non potrò più scrivere ‘dell’Emilia’ per me cambia poco, ma è l’arroganza delle istituzioni che pesa. Questa decisione è stata presa senza ascoltare i piccoli produttori. In sé questo provvedimento può avere le sue ragioni, se si tratta di contrastare chi imbottiglia ad esempio in Germania o in altri paesi del vino italiano. Ma i piccoli produttori dovrebbero poter autocertificare il proprio prodotto o rientrare in una deroga se ricompresi sotto una certa soglia, altrimenti davvero si standardizza tutto. Invece, noi vorremmo valorizzare l’Emilia e i suoi vini autoctoni".
Marco Pederzoli