
La cerimonia ieri mattina sul marciapiede dell’Auditorium, con un commosso Valter Scavolini, a rievocare i primati del 1988 e del 1990. Presenti anche Petrucci e tutti i giocatori della Vuelle.
Capo chino mentre il sindaco Andrea Biancani pronuncia il suo nome. E dice: "Questo uomo e la sua famiglia rimarranno nella storia di questa città e non solo per quello che hanno fatto nello sport ma anche nell’economia e nella cultura". Visivamente commosso Valter Scavolini ieri mattina nel vecchio hangar di viale Marconi per ricordare questo luogo simbolo della città. Una allegra rimpatriata nel vecchio camposanto dei ricordi dei tifosi del basket.
L’occasione? Sul marciapiede di viale dei Partigiani è stata scoperta una composizione in ceramica, fatta dagli studenti del Mengaroni, con articoli di giornali, per ricordare il primo e il secondo scudetto della Scavolini: ragazzi seduti anche sulle travi di sostegno del tetto, dentro oltre 5mila persone, incasso tre volte superiore a quello di oggi nel nuovo palasport della Torraccia. Un amarcord con reduci e combattenti dell’età dell’oro con Ario Costa, Valter Magnifico e Domenico Zampolini. In prima fila anche quel vecchio amico di Pesaro che è Gianni Petrucci, presidente della pallacanestro, che scendeva le scale del palas quando ancora era segretario della Fip e che ha ricordato che "il basket è nel Dna di questa città".
Atrio pieno e presenti anche tutti gli attuali giocatori della Vuelle, la maggior parte dei quali non era nemmeno nata quando Pesaro vinceva il primo scudetto della sua storia. Con loro anche il presidente Andrea Valli al quale Scavolini – con lui anche la nipote Emanuela –, ha lanciato un simbolico e pesante testimone: "Questa la prima pietra, ora a voi porre la seconda". L’unico che si ricordava il vecchio palas, oltre a Valli giovane tifoso allora, è Spiro Leka: "Ho giocato qui in coppa col Tirana ed ho segnato anche 16 punti e con me giocava pivot l’attuale presidente dell’Albania Edi Rama". Con il sindaco Andrea Biancani, che ha scoperto il mosaico, anche gli assessori Mila Della Dora, Riccardo Pozzi e Andrea Nobili. Quindi tutti i ragazzi del Mengaroni con i loro professori, Serena Perugini e Giorgio Donini.
La ceramica incastonata sul marciapiede, a due passi dall’entrata dell’Auditorium Scavolini, ha in primo piano con gli articoli anche la foto di Valerio Bianchini, l’uomo del primo scudetto ed anche cittadino onorario di Pesaro. E scappa fuori che il cerimoniere di questa mattinata s’era dimenticato di chiamarlo. Dice alla fine dei discorsi Gianni Petrucci: "Io sono venuto perché mi ha chiamato Ario Costa, ero qui vicino e venire in questa città, così per me e così anche per i miei figli, è sempre un piacere, una rimpatriata".
Ma è il cerimoniere l’autore della gaffe? Perché non è stato invitato anche il Vate Bianchini? E’ scattato così il gioco del rimpallo delle colpe. Quelli del Comune: "Per gli inviti ci doveva pensare la società", rispondono. Quelli della società rilanciano: "Noi non sappiamo nulla e agli inviti ci pensavano loro".
m.g.