EUGENIO COSTA
Cronaca

Addio alle Torri Hamon. Poi sarà abbattuto anche il Sigarone

Le torri ex Sarom a Ravenna destinate all'abbattimento: mancata conservazione e decisioni tardive portano al triste epilogo di importanti relitti industriali.

Gli appelli contrari all’abbattimento delle due torri si sprecano, ma non servono a nulla perché questo vincolo doveva essere messo quando fu smantellata la raffineria ex Sarom negli anni ottanta. Mi ricordo bene quando vennero smontati tutti gli impianti e furono lasciate le due torri e qualche altro relitto industriale, ma senza prendere impegni per il loro mantenimento ed un loro eventuale riutilizzo. Perché il comune di Ravenna, la Soprintendenza e Italia Nostra non si sono attivati allora per garantire la conservazione e il futuro utilizzo delle torri? Purtroppo chi aveva la possibilità di poter incidere sulle scelte della proprietà (Agip-Eni) non lo ha fatto al momento opportuno e ora piagnucolare su decisioni irreversibili non serve a nulla.

Dopo circa 40 anni dallo smantellamento e senza ulteriori manutenzioni è normale che le torri siano malridotte e che Eni stia lavorando per abbatterle, anche perché l’area su cui insistono è stata venduta lo scorso anno e sarà destinata ad un mega impianto fotovoltaico la cui realizzazione credo sia incompatibile con il mantenimento delle torri.

A Ravenna si parla troppo ma le decisioni in merito alla conservazione dei relitti industriali ed al loro eventuale futuro utilizzo non sono state prese in tempo utile per cui, quando si arriva davanti al fatto compiuto, si cerca di tornare indietro, ovviamente invano. C’è un altro relitto industriale, il ’Sigarone’ (nella foto) in zona Darsena sul quale da decenni sono stati spesi fiumi di parole, ipotesi di futuri improbabili utilizzi e, come al solito, non è stata presa nessuna decisione concreta in merito e, nel frattempo, sta cadendo a pezzi con ampie porzioni del tetto già crollate, al pari delle pareti laterali: il suo destino è l’abbattimento, che auspico avvenga in breve tempo perché, osservandolo in quelle disastrose condizioni dalla passeggiata lungo il Candiano, ci si rattrista veramente.