Alluvione a Lugo, la vicenda kafkiana di Giuseppe Parmiani

L'anniversario dell'alluvione porta a riflettere sul sacrificio del mulino Parmiani e sulle difficoltà burocratiche che ne derivano, mettendo in luce le contraddizioni della società contemporanea.

Ricorre l’anniversario della grande alluvione, e Giove pluvio pare ce lo voglia ricordare con violenti grandinate e nubifragi. Fatica inutile: lo ricordiamo benissimo. Le notti insonni, il tamtam degli allarmi via telefono, i video in diretta social. C’è chi ci ha perso la vita, chi ci ha perso la casa d’una vita. C’è il caso, credo unico, di chi ha sacrificato la propria abitazione sull’altare del bene comune come capitò al mulino Parmiani di San Lorenzo di Lugo: edificio ancora visibile nelle immagini eterne di GoogleMaps. Giuseppe Parmiani, novantatreenne dritto come un fuso, fu portato via dal mulino dai suoi figli nella notte del 16 maggio, poche ore prima che l’argine cedesse, spazzando via tutta la facciata del fabbricato. Per i Parmiani, un edificio pieno di storia familiare e artistica, di cui fu chiesta e ottenuta la demolizione per ricostruire appunto l’argine. Giuseppe divenne un eroe e il 30 maggio, dieci giorni dopo l’abbattimento del mulino, incontrò persino il presidente Mattarella. Giuseppe è uomo tutto d’un pezzo, di quelli che in perfetta tradizione romagnola “basta la parola e una stretta di mano”: sono i valori d’una società antica. Dopo un anno, questa fiducia nei valori morali che scaturiscono dalle emergenze e dagli uomini deputati ad affrontarle, si è scontrata con l’assurdità kafkiana che ormai regola il nostro presente. Si è scatenato il balletto delle competenze: l’edificio era su una strada provinciale ma in fregio a una comunale; l’argine è demaniale, l’ordinanza di abbattimento emanato dal Comune di Lugo. Nel frattempo si scopre come il contatore elettrico sia ancora attivo e, tra gestore e distributore, ci vogliono sette mesi per annullare il contratto. Nonostante l’esproprio giunge la cartella esattoriale del Consorzio di Bonifica per il terreno di sedime che, nel frattempo, è usato come parcheggio dai clienti del vicino ristorante. La casistica dell’indennizzo non rientra tra quelle previste dalla legislazione e a questo punto a Giuseppe, ormai dimorante (in affitto) in quel di Lugo, dopo gli apprezzamenti morali del momento non resta che rivolgersi a un avvocato. Così è questo paese, bizantino sin nel midollo, dove burocrazie, scaricabarili di responsabilità e pressapochismi si mescolano in miscele detonanti e dove il cittadino più fiducioso e collaborativo verso le istituzioni deve, ahimé, ricredersi amaramente.

Paolo Casadio