Angeli e il mito della monarchia. Il pretore e tenente colonnello innamorato di Casa Savoia

Da sempre appassionato alla storia di quell’ambiente, è stato magistrato e ora presidente della Croce Rossa "Mi affascinò il racconto di uno scrutatore del referendum del ’46: descrisse i brogli, era credibile".

Angeli e il mito della monarchia. Il pretore e tenente colonnello innamorato di Casa Savoia

Angeli e il mito della monarchia. Il pretore e tenente colonnello innamorato di Casa Savoia

Ancora giovane studente si appassionò talmente alla storia di Casa Savoia che da allora, la seconda metà degli anni Settanta, non ha più abbandonato l’ambiente monarchico nazionale, tanto da far parte dell’Istituto nazionale per la Guardia d’onore alle reali tombe del Pantheon; laureatosi con una tesi in diritto ecclesiastico, avvocato civilista da oltre 40 anni, Claudio Angeli è stato anche il più giovane, e severo, vice pretore onorario di Ravenna proprio nel momento in cui alla pretura fu demandata la competenza a giudicare per direttissima gli arrestati per furto. Tenente colonnello, in congedo, del corpo militare della Croce Rossa, Angeli, dopo esserne stato commissario, è presidente del Comitato provinciale della Croce Rossa e come tale in prima linea a ogni sbarco di migranti dalle navi umanitarie destinate al porto di Ravenna.

Il Partito monarchico, e come non ricordare gli interventi del parlamentare Alfredo Covelli espressi con grande signorilità a Tribuna Politica, scomparve dalla scena politica e confluì nel Msi nel 1972, quando lei aveva 20 appena anni: la sua simpatia per Casa Savoia è quindi precedente?

"Lei ha detto bene, il mio interesse è riferito proprio a Casa Savoia, non c’entra il partito. E adesso le spiego come nacque. Ero al primo anno delle superiori, all’Istituto magistrale del Sacro cuore di Lugo e una sera fui invitato a cena a casa di un compagno. A tavola, il padre raccontò di essere stato scrutatore al referendum istituzionale del ‘46 e che c’erano stati brogli perché c’era l’ordine di manipolare le schede!".

Lei gli credette?

"Ma non c’era nessun motivo per non credergli! Il suo racconto mi colpì molto, cominciai a cercare e leggere quanto fosse stato scritto su questa storia e mi sono ulteriormente convinto. E’ stato così che è nato questo particolare rapporto fra me e la monarchia. E durante il servizio militare a Roma ebbi modo di frequentare gli ambienti monarchici, molte di quelle persone erano parlamentari della Dc. Diventai collaboratore del ministro della Real Casa Lucifero Falconi, rappresentante del re Umberto II in esilio in Portogallo".

Un rapporto, quello con il movimento monarchico, che dura tuttora…

"Dal 1983 si è fatto sempre più stretto. In quell’anno morì re Umberto II e io ai funerali prestai servizio d’ordine: subito dopo entrai a far parte dell’Istituto nazionale per la guardia d’onore alle reali tombe del Pantheon. E’ un compito importante perché lo scopo dell’Istituto è quello di mantenere viva la storia risorgimentale dell’Italia, la storia dell’unità del Paese. E per questo organizzo convegni e incontri di carattere prettamente storico, sullo Statuto Albertino, sulla Prima Guerra Mondiale, su Amedeo II, re di Sicilia e Sardegna, tanto per citare qualche tema...".

Lei ha anche responsabilità nell’Istituto per la Guardia d’onore…

"Dal ‘91 sono responsabile dell’Istituto per Ravenna e Ferrara e degli Ordini dinastici di casa Savoia, quelli dell’unità d’Italia per intenderci, sempre per entrambe le province. Si tratta di ordini non riconosciuti però dalla Repubblica che invece riconosce gli ordini cavallereschi predinastici, ad esempio del Granducato di Toscana o dei Borboni!".

Direi che è il momento di parlare di lei, della sua famiglia. I suoi genitori hanno l’hanno influenzata sulla scelta monarchica?

"No, mi hanno sempre lasciato libertà di scelta. Il babbo, Aldo era di Faenza e aveva un’azienda vivaistica, la mamma si chiamava Salvina Moretti e ho quattro fra fratelli e sorelle. Ho frequentato le elementari a San Severo, le medie a Cotignola, le magistrali a Lugo, poi mi iscrissi a giurisprudenza, nonostante amassi moltissimo la filosofia. Ma non prometteva molto, come professione! Scelsi l’università di Ferrare perché Bologna in quegli anni era ancora in pieno clima di contestazione. Nel ‘76 ci trasferimmo a Ravenna".

Con chi ha fatto pratica forense?

"Con Dante De Angelis, civilista, era il 1980. Ben presto ho dovuto interessarmi anche del fronte penale, ma non come avvocato, bensì come vice pretore onorario, incarico che mi fu affidato nel 1983 e che ho mantenuto fino al settembre del 1989 quando entrò in vigore il nuovo codice di procedura. Allora, lei lo sa, il pretore era sia pm sia giudice e in udienza il ruolo della pubblica accusa era svolta dagli avvocati!".

La pretura era in via Gordini se non sbaglio…

"Sotto il porticato, verso via Dante Alighieri. Pretore dirigente era Nannariello. Le dico che come giudice penale ero molto severo nelle condanne. In quegli anni entrò in vigore una norma che prevedeva il processo per direttissima per gli arrestati per reati puniti entro i tre anni di reclusione, ad esempio atti osceni o furto semplice: ricordo che le forze di polizia erano contente quando sapevano che a giudicare ero io…! E poi cominciavano i reati ambientali, soprattutto per gli impianti dell’Anic".

Torniamo alla sua professione…

"Pur con l’esperienza fatta così a lungo come giudice in campo penale, dal punto di vista professionale ho preferito soprattutto dedicarmi al fronte civile, in particolare locazioni, infortunistica, diritto di famiglia…a questo proposito le dirò che all’inizio rifiutavo le cause di divorzio, in pratica facevo l’obiettore, sono cattolico, i miei genitori erano cattolici praticanti, all’Istituto magistrale si facevano i ritiri spirituali…Poi ho superato questo aspetto nella considerazione che semmai il problema era di chi divorziava, non mio…".

Lei poi ha aperto uno studio per conto suo…

"Dopo De Angelis, sono stato negli studi di Carlo Benini e poi di Gabriele Spizuoco e nel ‘93 ho aperto lo studio in via Mazzini. Nel frattempo avevo indossato finalmente la divisa da ufficiale!".

Ma lei aveva già svolto il servizio militare…

"Sì, certo, ma non potei accedere al concorso per ufficiali per un minimo problema fisico. Il tarlo dell’ufficiale però era rimasto e nel ‘91, su domanda, fui ammesso al corso per il corpo militare della Croce Rossa, superai l’esame e, come sottotenente, diventai docente di diritto bellico. Da maggiore ho tenuto lezioni agli ufficiali superiori del Comando operativo di vertice interforze. Nel 2020 ho comandato un reparto operativo di emergenza per il Covid sempre a Roma: facevamo i controlli agli ingressi del palazzo di giustizia".

Ora che grado ha?

"Tenente colonnello. Nel novembre di due anni fa sono stato congedato".

Questo suo ruolo l’ha portata ai vertici del Comitato provinciale della Croce Rossa.

"Nel luglio del 2023 sono stato nominato commissario e a novembre l’assemblea dei volontari della Cri mi ha eletto presidente. Un periodo denso di impegni sul campo per la Cri: ci sono stati nove sbarchi di immigrati e la Croce Rossa è sempre in prima linea e io con i volontari. Un’esperienza che segna a fondo, basta guardare gli occhi di quelle persone per capire subito il terribile mondo che hanno lasciato alle spalle arrivando da noi. Moltissimi sono ragazzi, sono minorenni, tutte persone che cercano un futuro migliore…".

Carlo Raggi