Delitto del cacciatore: sentito un indagato

Si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ma il suo interrogatorio potrebbe significare che la procura privilegia una pista

Delitto del cacciatore: sentito un indagato

Delitto del cacciatore: sentito un indagato

Lo hanno di recente interrogato. E lui, alla presenza del suo avvocato Lorenzo Valgimigli, ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere. Nessun sussulto, almeno nella forma. Perché nella sostanza ciò può significare che la procura ha ora imboccato una strada precisa sulle verifiche relative all’omicidio di Felice Orlando, l’operaio 49enne di origini cosentine, ma da tempo trapiantato in Romagna, ucciso tra le 18.30 e le 19 del 29 ottobre dell’anno scorso durante una battuta di caccia a Castel Bolognese, non distante dalla sua abitazione.

Circa un anno dopo, potremmo cioè trovarci di fronte a una scelta investigativa netta visto che in questa vicenda sono due gli indagati: c’è anche un residente difeso dall’avvocato Giovanni Scudellari. L’indagato interrogato, è invece una persona molto vicina al defunto. Chiaro che dagli accertamenti tecnici fin qui eseguiti, non sono emersi elementi ritenuti così forti da imprimere una svolta drastica (vedi misura cautelare). E forse la ragione di avvalersi della facoltà di non rispondere, sta proprio in questa considerazione. Nella consulenza sul materiale biologico, esiste tuttavia un particolare che - se letto in chiave accusatoria - potrebbe fornire uno spunto per delineare un possibile movente. Probabilmente anche di questo si era parlato nell’incontro tenutosi in procura il 25 settembre scorso tra i carabinieri del Ris di Parma, colleghi del nucleo Investigativo di Ravenna e il pm Silvia Ziniti che coordina le indagini assieme al procuratore Daniele Barberini.

Il cadavere del 49enne era stato rinvenuto dal padre all’indomani dell’omicidio: si trovava a terra tra i filari di kiwi a ridosso di una canaletta. L’assassino lo aveva freddato con due colpi da distanza ravvicinata esplosi con un fucile da caccia di diverso calibro (16) di quello della vittima (12), mai ritrovato.

L’iscrizione sul registro degli indagati dei due sospettati, aveva consentito alla procura di compiere vari accertamenti tecnici irripetibili con tutte le garanzie previste dalla legge. Vedi diversi esami di laboratorio a seguito dei numerosi sopralluoghi di polizia scientifica tra cui l’analisi di tracce biologiche, le scansioni tridimensionali sul luogo del delitto, le estrazioni e le profilazioni di dati genetici oltre a perizie balistiche e fonometriche.

L’ultimo a vedere il 49enne in vita verso le 18, era stato un conoscente. Dall’autopsia, era arrivata la conferma sugli orari: un momento, in quel periodo dell’anno, che coincide con l’imbrunire. Cioè ottimale per chi voglia sorprendere la sua vittima: l’assassino gli aveva prima sparato alla schiena da una distanza compresa tra 1,5 e 3 metri. Poi si era avvicinato e di nuovo aveva fatto fuoco da circa 30 centimetri, questa volta puntando la canna verso la nuca: un’esecuzione per una morte istantanea avvenuta nell’area del ritrovamento del cadavere, come poi stabilito dalla relazione autoptica. Cioè il 49enne non era stato ammazzato da un’altra parte e trascinato. Resta tuttavia un nodo fondamentale da sciogliere per arrivare alla soluzione certa del giallo: il fucile calibro 12 scomparso e mai ritrovato nemmeno con i droni.

Andrea Colombari