"Ancora adesso, quando vado a letto, vedo quegli occhi spalancati di mio fratello". Anna Ruffato oggi ha 90 anni portati egregiamente e i ricordi dei drammatici e tragici momenti vissuti fra il settembre del 1943 e la liberazione di Ravenna sono tutti ancora vivi.
Anna cosa ricorda?
"Avevo 11 anni, lui 8, era steso sul letto in una stanza dell’ospedale, nel viale della Stazione. La fronte era fasciata da una benda bianca, non c’era sangue. Sono sicura che in quegli occhi c’era ancora vita, lui mi guardava…non era lo sguardo di un morto. Un cordone di uomini con divisa militare, non so se fascisti o tedeschi, impedirono ai miei genitori e a me di avvicinarci al letto, di accarezzare Walter. Poco dopo i miei genitori seppero che era deceduto".
E poi?
"Nel tardo pomeriggio di quel 27 settembre di 80 anni fa, si presentarono a casa delle persone in divisa, erano italiani, verosimilmente erano fascisti, comunicarono a babbo e mamma che Walter era in ospedale. Fu così che andammo, mia sorella Norma, aveva 6 anni, restò a casa. Io non mi rendevo conto bene di che cosa fosse accaduto. Ricordo anche che ai funerali c’erano pochissime persone, i familiari e alcuni vicini. Per evitare che ci fosse gente e magari ci fossero reazioni per l’uccisione di un bambino, i fascisti nei manifesti avevano cambiato la data del funerale". Norma Ruffato, la sorella minore, oggi ha 86 anni. Lavorò prima alla Callegari poi bidella a Ragioneria e a Geometri: "Ero piccola, ricordo solo il giorno dei funerali di Walter e i bombardamenti".
Fra la fine del ‘43 e il dicembre del ‘44 a Ravenna ce ne furono molti. Voi dove eravate?
"Quando ci furono i primi bombardamenti eravamo a Ravenna – risponde Anna – e correvamo nel rifugio costruito nell’argine del canale Lametta, poi siamo sfollati a Villanova di Bagnacavallo. E lì fui testimone di un eccidio di soldati canadesi caduti in un’imboscata dei tedeschi sotto l’argine del Lamone. C’erano mucchi di cadaveri che ci impedivano di aprire la porta della casa…".
Dell’uccisione di Walter non si è mai parlato in casa?
"No, mai. Il babbo non è più andato al cimitero. Su quel tragico evento scese una cortina di silenzi. Due anni fa ho trovato in casa il documento con cui il Comitato di liberazione nazionale cittadino all’epoca indicava Walter come vittima di rappresaglia nazista. A me e a mia sorella Norma tornarono in mente quei tragici giorni, ho consegnato il documento a mio nipote Carlo Pilotti che l’ha poi dato allo storico Guido Ceroni".
c.r.