Fallimenti Asa, Arca, Romauto. Il pm chiede la condanna dell’intera famiglia Musca

In primo grado c’erano state due condanne e un’assoluzione, poi annullate nel primo appello. Dopo la Cassazione chiesta dalla procura, ieri appello-bis: la sentenza entro la fine dell’estate.

Fallimenti Asa, Arca, Romauto. Il pm chiede la condanna dell’intera famiglia Musca

Fallimenti Asa, Arca, Romauto. Il pm chiede la condanna dell’intera famiglia Musca

Asa Holding, Romauto e soprattutto Arca. Tre importanti società del tessuto economico ravennate accomunate da un medesimo destino: tutte fallite. Una circostanza che ha alimentato il principale, e più combattuto, dei fascicoli aperti sulla famiglia Musca. Un procedimento segnato da un colpo di scena: nel primo appello dell’aprile 2021, la corte bolognese aveva deciso di annullare la sentenza dichiarando, come chiesto dalle difese, la nullità del decreto di giudizio immediato e ordinando la restituzione degli atti alla procura di Ravenna. Ma il ricorso di quest’ultima in Cassazione, aveva fatto retrocedere di nuovo tutto a un appello-bis.

E così ieri mattina tutti di nuovo in aula a Bologna, compreso il pm Lucrezia Ciriello che aveva coordinato le indagini della guardia di Finanza. E che, dopo quasi due ore di requisitoria, ha chiesto la condanna per tutti e tre gli imputati. Ovvero 11 anni per l’immobiliarista Giuseppe Musca, 9 anni per la moglie Susi Ghiselli e 4 anni per il figlio del primo, l’imprenditore Nicola Musca. Le richieste sono leggermente inferiori a quelle formulate in primo grado perché, relativamente alla vicenda Asa, per tre capi d’imputazione, per i quali era stata pronunciata assoluzione, l’accusa aveva poi deciso di non impugnare. Sono comunque superiori alle condanne inflitte a Ravenna nel settembre 2018: 10 anni e mezzo per Giuseppe Musca, 8 anni per la moglie. E infine l’assoluzione per il figlio del primo.

Ieri hanno parlato anche parte delle difese riproponendo, tra le altre cose, alcune eccezioni. Deve ancora prendere la parola la difesa del principale imputato, l’immobiliarista. La sentenza è attesa entro la fine dell’estate.

A suo tempo l’immobiliarista Musca si era assunto la paternità di quasi tutte le operazioni definendole di natura puramente imprenditoriale e soprattutto condotte nella legalità. Nello specifico in aula aveva sostenuto che quando aveva lasciato le varie società finite poi al vaglio delle Fiamme Gialle, queste non si trovavano in quello stato che gli addetti ai lavori definiscono di decozione (cioè di insolvenza prossima al fallimento). In questo contesto, si era assunto la responsabilità di manovra. E non solo per le operazioni fatte personalmente: ma, con dei distinguo, anche per quelle che altri – quelli che l’accusa indica quali prestanome – avevano fatto per lui: operazioni che cioè aveva avvallato, condiviso e seguito.

Infine per Romauto aveva detto che i bilanci a suo avviso era ampiamente falsati da operazioni pregresse riconducibili a precedenti gruppi finanziari. Situazione analoga l’aveva descritta per Asa. Mentre per Arca, aveva precisato di non avere avuto alcuna volontà di fare fallire la società ma di avere anzi fatto di tutto per arrivare a salvarla.

a.col.