Forestale denuncia: "Mobbing dai superiori". E chiede 50mila euro. Ma il Tar gli dà torto

Respinto il ricorso di un militare che lamentava procedimenti disciplinari a suo dire ingiustificati. Per il tribunale amministrativo "c’era conflitto, ma era incline alla insubordinazione gerarchica" .

Forestale  denuncia: "Mobbing dai superiori". E chiede 50mila euro. Ma il Tar gli dà torto

Forestale denuncia: "Mobbing dai superiori". E chiede 50mila euro. Ma il Tar gli dà torto

I modi che alcuni superiori gli avevano per anni riservato, a suo avviso si potevano riassumere con una sola parola: mobbing. Uguale a richiesta danni da oltre 50 mila euro. Niente da fare invece per il Tar di Bologna: "Il ricorso va respinto" - si legge nella sentenza appena depositata - perché, a meno che "non via sia esorbitanza nei modi rispetto a quelli appropriati per il confronto umano", una malattia del lavoratore non può essere legata a "specifiche responsabilità" sulle condizioni di lavoro. E chi, del resto nella sua carriera professionale, non ha sentito almeno una volta la pressione di una situazione pesante alimentata da taluni superiori indigesti. Il caso in questione ha una particolarità. Il suo protagonista è un servitore dello Stato: un carabiniere scelto del nucleo forestale in servizio da inizio 2019 a Ravenna dopo avere chiesto lui stesso di essere trasferito dalla precedente sede, Ferrara. Una storia di mobbing? A suo avviso, sì: tanto da citare ministero della Difesa e Arma dei carabinieri per vedersi riconosciuti i danni causati "dall’intendimento persecutorio" di suoi superiori gerarchici. E la quantificazione, da consulenza di parte, già la conosciamo.

Per potere parlare di mobbing, secondo la sentenza a firma del giudice Paolo Amovilli, "occorre la prova" della relazione tra "la condotta del datore o del superiore gerarchico e la lesione dell’integrità psicofisica del lavoratore". Sul punto, il forestale nella sua bisaccia ci aveva infilato varie circostanze a partire da procedimenti disciplinari tutti poi archiviati. Vedi nel settembre 2018, per la mancata protocollazione di un atto per procurato allarme e per rivelazione di messaggio telefonico. Ma anche procedimenti penali poi archiviati: vedi nel 2017 per veementi litigi con la ex compagna (due anni dopo sul fronte disciplinare, qui avrebbe ottenuto la messa in prova). Nella sua lista, figuravano pure giudizi contrastanti sulle sue condizioni fisiche: ad esempio nel dicembre 2019 l’apposita commissione aveva restituito un quadro di "evidenti turbe nell’adattamento" quando invece nel luglio dell’anno prima il giudizio era stato di assenza di "segni di natura psichiatrica". E che dire poi delle credenziali informatiche arrivate nelle sue mani con notevole ritardo.

Il Tar, anche alla luce degli elementi forniti da ministero e Arma, ha però escluso il mobbing verticale. È vero – si legge nella sentenza - che dalle carte "emerge una situazione di forte conflittualità lavorativa". Ma è altrettanto vero che "è da escludere l’intento persecutorio" anche alla luce del comportamento del forestale. In quanto all’azione disciplinare, è "doverosa dato che discende dai principi costituzionali". Il militare avrebbe inoltre nel suo ricorso trascurato "di allegare quanto documentato" circa la sua personalità "incline alla insubordinazione gerarchica e alla litigiosità con i colleghi". In questo capitolo figurano due condanne: una "del 2021 a tre mesi di reclusione militare per disobbedienza aggravata". E una del "2022 a quattro mesi per insubordinazione con ingiuria pluriaggravata". Una "attitudine che non è venuta meno anche in seguito al trasferimento al nucleo di Ravenna". Circa l’ultimo giudizio medico, "a oggi quello valido", lo ha "ritenuto affetto da turbe persecutorie". Niente danni da mobbing insomma, ma almeno spese di lite compensate.

Andrea Colombari