Giovane suicida in carcere. Tanti ricoveri precedenti: "Mi chiedeva l’eutanasia"

La testimonianza della madre al processo che vede imputato di omicidio colposo lo psichiatra del penitenziario che abbassò lo stato di rischio .

Giovane suicida in carcere. Tanti ricoveri precedenti: "Mi chiedeva l’eutanasia"

Giovane suicida in carcere. Tanti ricoveri precedenti: "Mi chiedeva l’eutanasia"

Giuseppe molte volte aveva manifestato in famiglia propositi suicidiari. E in ragione di ciò era in cura al Centro di salute mentale di Ravenna e più volte era stato ricoverato in Psichiatria. È questo l’aspetto principale emerso ieri durante la prima udienza del processo che vede imputato di omicidio colposo un 66enne psichiatra del carcere di Ravenna, in relazione al suicidio di un giovane detenuto, avendone abbassato il rischio suicidiario da medio a lieve. Era il 16 settembre 2019 quando le guardie trovarono il 23enne Giuseppe Defilippo impiccato a un cappio rudimentale. Particolarmente toccante, davanti al giudice Michele Spina, è stata la testimonianza della madre, Elisabetta Corradino, parte civile con gli avvocati Marco Catalano e Marco Martines. La donna, che aveva fatto riaprire le indagini dopo un’iniziale richiesta di archiviazione, ha raccontato dell’infanzia difficile del figlio, segnato nel 2016 quando a una festa fu pestato da alcuni bulli per avere rifiutato loro una sigaretta. "Da lì non è stato più il mio Giuseppe", ha detto, dettagliando le fasi di un’autentica discesa verso l’inferno, il tunnel della droga e continui gesti autolesivi con assunzione simultanea di alcol e antidepressivi. Tra i tanti episodi riferiti, in una circostanza il figlio arrivò al punto di chiedere alla madre di essere accompagnato in Svizzera per essere sottoposto a eutanasia, tanto era lo stato di malessere.

In questo contesto i ricoveri in Psichiatria sarebbero stati diversi. L’ultimo, nel giugno 2019, pochi mesi prima del suicidio, durò appena due giorni e da esso uscì con un "codice verde". A detta della specialista con la quale il giovane aveva avuto un paio di colloqui, sentita ieri come testimone, il codice verde non contempla rischio suicidiario, che comunque "è un’incognita" per soggetti con dipendenza da sostanze. La stessa dottoressa del Centro di salute mentale, ad agosto, aveva chiesto un Accertamento sanitario obbligatorio dopo che il giovane, su segnalazione dei carabinieri, aveva palesato atteggiamenti aggressivi. Il giovane era poi finito in carcere per un’accusa di furto. Secondo la difesa dell’imputato – avvocati Guido Maffuccini e Delia Fornaro – la decisione di abbassare il rischio suicidiario, proposta dallo psichiatra, fu formalmente assunta da una commissione di sei specialisti sulla base di un regolamento che prevedeva l’unanimità di giudizio. Tra questi, una psicologa sentita ieri e la cui testimonianza sarà attentamente soppesata dal giudice. La psicologa aveva visitato due volte in carcere Defilippo, dopo che una collega della Psichiatria l’aveva valutato a rischio medio. La prima volta lo aveva trovato "loquace", per quanto preoccupato dalla carcerazione. Più cupo la seconda volta in quanto "si sentiva abbandonato". Agli occhi della specialista non avrebbe comunque palesato rischi suicidiari, né vi sarebbero state divergenze con le valutazioni del collega imputato, sebbene in precedenza, sentita a sommarie informazioni, avesse detto: "Lui era di parere diverso". "Mi riferivo - ha precisato ieri – alla gestione del paziente".

Lorenzo Priviato