Il blitz di Greenpeace: "Eni spese 10.200 euro per rimuovere le scritte"

A processo 18 persone, perlopiù attivisti, per incursione in piattaforma. La documentarista: "Mai avuto un processo come quello di oggi".

Il blitz  di Greenpeace: "Eni spese 10.200 euro per rimuovere le scritte"

Il blitz di Greenpeace: "Eni spese 10.200 euro per rimuovere le scritte"

In quella mattina del 29 settembre 2021 "abbiamo incrociato tre gommoni che giravano attorno alla piattaforma: una cosa assolutamente vietata dalla capitaneria in quanto occorre mantenere una distanza di 500 metri". Ad di là di questo, quando "abbiamo fatto i controlli per vedere se c’erano danni, non abbiamo trovato niente oltre a imbrattamenti". E per la rimozione delle scritte, Eni ha speso in totale 10.200 euro.

Il contesto è quello della piattaforma Porto Corsini Mare Ovest: a prendere per primo la parola ieri mattina davanti al giudice Tommaso Paone nel processo che vede 18 persone, perlopiù attivisti Greenpeace, imputate per il blitz organizzato "per denunciare il patto della finzione ecologica che vincola il nostro Paese alle fonti fossili" in concomitanza con Omc, è stato un sorvegliante di produzione Eni. I manifestanti avevano raggiunto la piattaforma alle 9.30 per scendere alle 13.30. Poi si erano opposti attraverso l’avvocato Alessandro Gariglio al decreto penale di condanna da 3.150 euro finendo a dibattimento.

"Era giorno di cambio turno - ha ricordato il teste -. Appena arrivati sulla piattaforma madre", era giunta comunicazione della manifestazione. Oltre ai gommini in mare, "una volta saliti, abbiamo notato altri otto attivisti". Tre in particolare erano "imbragati al ponte di collegamento con uno striscione di protesta". Altri ancora "imbrattavano sia il pavimento che le facciate dell’ex modulo alloggi. Altri filmavano". Erano stati "identificati dalla Finanza; dopodiché si erano allontanati sui gommoni". In quanto all’equipaggiamento, "usavano i caschetti ma non avevano dispositivi protettivi per gli occhi che per noi sono obbligatori". Un’annotazione per le apparecchiature per le riprese: "Pericolose perché potrebbero fungere da innesco in caso di fuoriuscita di gas".

A seguire è stata sentita la documentarista presente: qualche giorno prima - ha spiegato - una mail "annunciava attività pacifica. Mi interessava perché mi occupo di mutamento climatico. Sono salita sul gommone e sono andata con la mia attrezzatura. Era già capitato altre volte, anche con altre associazioni". Del resto "il mio recapito era noto in ambito ambientalista. Dal gommone ho ripreso gli attivisti che salivano sulla piattaforma e srotolavano lo striscione". Nelle manifestazioni "di solito vengo identificata e do il mio documento: mai multe o sanzioni, ho sempre svolto il mio mestiere. Mai avuto un processo come quello di oggi: mi occupo di mostrare i fatti".

La donna che pilotava il gommone da ultimo ha precisato che "arrivare in un posto come Ravenna a un anno dalle alluvioni, mi fa sussultare il cuore: il cambiamento climatico ci riguarda tutti e sappiamo cosa comporta". Quindi ha menzionato il "più grande produttore ed emittente di combustibili fossili".