Infortunio alla Marcegaglia. Schiacciato da un coil e morto sul lavoro. Al via il dibattimento

Due gli imputati. L’operaio aveva 63 anni ed era socio di Cofari

Infortunio alla Marcegaglia. Schiacciato da un coil e morto sul lavoro. Al via il dibattimento

Infortunio alla Marcegaglia. Schiacciato da un coil e morto sul lavoro. Al via il dibattimento

Due gli imputati per un’unico reato: l’omicidio colposo. È partito ieri mattina il dibattimento per la morte di Bujar Hysa, l’operaio 63enne di origine albanese deceduto il 15 luglio 2021 in seguito alle ferite riportate un paio d’ore prima all’interno dello stabilimento di via Baiona della Marcegaglia. Si tratta del procuratore speciale in materia di salute e sicurezza di Marcegaglia, un 47enne residente a Porto Corsini e difeso dagli avvocati Ermanno Cicognani e Carlo Nannini. E di un 34enne ravennate legale rappresentate della Cofari, la cooperativa di facchinaggio per la quale la vittima lavorava in qualità di socio (avvocati Samuele De Luca e Albert Pepe).

Tra le parti (civili), oltre ai familiari del 63enne (tutelati dall’avvocato Riccardo Sabadini), figura pure la Cgil. Infine Marcegaglia è stata citata come responsabile civile. All’inizio per la morte dell’operaio, erano state indagate sette persone, tre di Cofari e quattro di Marcegaglia: per cinque di loro, la procura aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo. I risultati preliminari dell’autopsia, avevano confermato le ipotesi della prim’ora: ovvero che il trauma da schiacciamento fosse la causa più probabile per spiegare il decesso del 63enne. Il tutto - secondo le indagini coordinate dal pm Daniele Barberini - era accaduto nell’ambito di una carambola tra coils (pesanti bobine d’acciaio laminato) che aveva finito per coinvolgere il lavoratore mentre si trovava all’interno di un magazzino. Per il consulente incaricato dalla procura, era andata così: durante l’operazione di inserimento del gancio a ‘C’ nel foro di un coil per sollevarlo, la maniglia aveva agganciato l’ultimo nastro - una sorta di fetta di coil - alle spalle del lavoratore. Ciò aveva finito per destabilizzarlo e ribaltarlo sul 63enne.

Tutto – sempre secondo l’analisi dell’esperto dell’accusa - per colpa dei "ristretti spazi di manovra" legati al fatto che gli appositi scivoli inclinati (spalle) fossero stati riempiti con troppi

nastri: ciò impediva di agganciare in modo appropriato il pezzo giusto. Un altro fattore che avrebbe determinato l’evento, era stato inquadrato nella "posizione non corretta" del lavoratore il quale si trovava in un punto laterale come tale "esposto così al rischio di schiacciamento" da parte del nastro alle sue spalle. In quanto all’analisi delle carte, avrebbe restituito "l’incompletezza del documento unico di valutazione dei rischi interferenziali" dato che nella stessa zona operavano più ditte per la movimentazione dei nastri e Cofari per quella dei coils. In particolare secondo il consulente "non era stato valutato il rischio di ribaltamento dei nastri in conseguenza di urti e collisioni". Inoltre "non sono state indicate le misure di protezione", vedi bloccaggio dell’ultimo nastro.