Inseguì e molestò un 13enne: condannato

Inflitti quattro anni a un 26enne straniero. Dovrà inoltre pagare 7.500 euro di provvisionale alla madre del ragazzino

Inseguì e molestò un 13enne: condannato

Inseguì e molestò un 13enne: condannato

Quel 13enne aveva denunciato di essere stato inseguito in una strada della Bassa Romagna e costretto a compiere un atto sessuale a uno sconosciuto di colore. Era la sera del 28 gennaio 2022: ieri mattina il sospettato individuato dalla polizia - un 26enne originario della Guinea difeso dagli avvocati Marco Bertozzi e Silvia Subini - al termine del rito abbreviato è stato condannato dal gup Janos Barlotti a 4 anni di reclusione per violenza sessuale aggravata (la procura aveva chiesto 4 anni e 8 mesi). Inoltre dovrà pagare una provvisionale di 7.500 euro alla parte civile (la madre del ragazzino tutelata dall’avvocato Nicola Casadio).

A suo tempo in incidente probatorio il 13enne aveva ripercorso quella giornata: dopo avere accompagnato a casa un’amica, mentre pedalava era stato raggiunto da un individuo di colore, anche lui in bici, il quale lo aveva inseguito per cinque minuti per poi riuscire a superarlo tagliandogli la strada in prossimità del cancello di una casa di campagna, lungo l’argine di un fiume.

Qui infine aveva cominciato a chiedergli con insistenza rapporti sessuali, costringendolo a farsi toccare e reiterando la minaccia di seguirlo fino a casa. Inizialmente lo straniero gli avrebbe chiesto bracciali e collana, desistendo però dal proposito. Traumatizzato, l’adolescente si era rifugiato a casa raccontando tutto ai genitori. La loro denuncia aveva innescato le indagini di squadra Mobile ravennate e Commissariato lughese. L’indagine, inizialmente contro ignoti, si era poi canalizzata contro il 26enne: la vittima aveva descritto la tuta arancione da operaio che indossava, ricordando che era in sella a una bici elettrica. Il sospettato era stato identificato grazie ai filmati delle telecamere comunali che lo riprendevano mentre pedalava o sostava in piazza a mangiare un kebab. Il diretto interessato ha sempre negato di avere mai adescato quel giovane. La difesa in buona sostanza durante l’arringa ha sottolineato che il riconoscimento dell’imputato, non era andato a buon fine. In particolare il ragazzino in questura aveva indicato altre due foto escludendo quella dell’imputato. E in incidente probatorio erano stati usati due figuranti molto diversi tra loro: inevitabile che la scelta cadesse sul 26enne. Inoltre l’autore della violenza non parlava bene l’italiano, mentre l’imputato sì. La difesa ha infine portato testimonianze di rivenditori della zona di bici elettriche i quali hanno dichiarato che bici di quel tipo sono spesso usate da operai extracomunitari che a quell’ora escono dal lavoro.