Ippodromi, il bel tempo che fu. "Ma io ne tengo viva la memoria, con biglietti, abbigliamento e libri"

Alberto Forti è un appassionato collezionista: "Stanno scomparendo, c’è crisi di pubblico e scommesse" "A trasmettermi la passione dei cavalli è stato mio babbo. Quanto tempo passato al Candiano...".

Ippodromi, il bel tempo che fu  "Ma io ne tengo viva la memoria  Con biglietti, abbigliamento e libri"

Ippodromi, il bel tempo che fu "Ma io ne tengo viva la memoria Con biglietti, abbigliamento e libri"

Un evento agonistico sostenuto e diffuso dai nobili del tempo, fine Ottocento, nei piccoli paesi e nei grandi centri urbani: le corse al trotto. Chi poteva permetterselo costruiva ippodromi, altrimenti era sufficiente un anello in terra battuta, come il campo davanti alla Loggetta Lombardesca o la Piazza d’Armi di Faenza. Ora le corse al trotto stanno scomparendo, soprattutto gli storici ippodromi stanno chiudendo. E quel mondo, fatto anche di pizzi e ombrellini per le signore, fatto di scommesse dal vivo, ormai si ritrova solo nei documenti, nelle immagini, nei manifesti, nei premi e in mille altri oggetti che appassionano i collezionisti che di quel mondo possono ben raccontare i dettagli. Alberto Forti, ravennate di Marina, è ai vertici del collezionismo italiano in materia, nella sua casa sono racchiusi migliaia di cimeli che parlano di un’epoca ormai completamente evaporata e che per Ravenna lo sarà definitivamente con la trasformazione in bike park dell’ex ippodromo del Candiano.

Cavalli, corse e ippodromi non hanno segreti per lei.

"Una passione che da 48 anni mi induce a cercare tutto ciò che riguarda le corse e gli ippodromi in Italia, biglietti d’ingresso, volantini, manifesti pubblicitari, abbigliamento dei fantini, premi, tessere, libri".

Vedo intere vetrine zeppe anche di grossi volumi…

"Sono gli annuari delle corse al trotto in Italia e i registri dei soci, uomini e donne, dell’Associazione del trotto negli Usa, la ‘Usta’, ma i documenti più curiosi e interessanti sono i manifesti, i volantini, molti di fine Ottocento".

Un interesse storico?

"Storico-sociale,svelano il mondo dell’epoca, gli usi e i costumi, la divisione in censo della società, visto che le corse dei cavalli c’erano in quanto c’erano nobili e aristocratici che avendo molti quattrini li investivano acquistando buoni cavalli, facendoli correre e facendo pagare il biglietto".

Roba di fine secolo XIX, diceva.

"Prendiamo la Romagna, la piazza più importante per le corse al trotto, o a Biroccini, come si diceva all’epoca, era Faenza. Anzi, era la più importante d’Italia. Non c’era un vero e proprio ippodromo attrezzato, ma si correva sulla pista in terra battuta di Piazza d’Armi dove era installata una tribuna artigianale. Si corse fino alla prima guerra mondiale, poi si scelsero piste lontane dalle zone belliche".

Da cosa derivava l’importanza di Faenza?

"Dal fatto che proprio a Faenza si istituì nel 1908 il ‘Campionato’, poi diventato ‘Campionato Europeo’. Le corse erano organizzate dalla ‘Società per il risveglio cittadino’ costituita nel 1901. Guardi questa locandina delle corse del 29 agosto 1908, guardi i prezzi, palchi riservati 20 lire, ingresso ordinario 10 centesimi, ragazzi e militari di bassa forza, metà prezzo. Poi c’erano Totalizzatore e Bookmaker e garage per le auto a due passi, e alla sera al teatro Masini, l’opera Lohengrin. E c’è dell’altro".

Nel senso?

"Guardi questa locandina del 1905, sempre di Faenza. Le corse al trotto, in Piazza d’Armi, fissate al 18 e 22 giugno, si inserivano fra le tante iniziative per la festa del 29 giugno, San Pietro. Abbinate alla corsa, dall’11 al 30 c’erano una mostra d’arte, gare motociclistiche, ciclistiche e podistiche, tiro al piccione,spettacolo pirotecnico, tombola da 3mila lire, un ‘esperimento pompieristico’ e infine la fiera bovina. Poi c’era la pista di Ravenna…"

Ci arriviamo. Mi dica prima come venne questa passione. A proposito, lei dove è nato?

"A Marina di Ravenna. Il babbo, Loris, era arrivato qui dopo l’inondazione del Polesine del ’52, e ha prima gestito il bar del circolo socialista, poi il negozio di alimentari al campeggio dei Piomboni, con la mamma, Giovanna. Lui aveva la passione dei cavalli, gli veniva dallo zio. Io ho virato dall’interesse per l’animale a quello per le corse e l’ippodromo del Candiano ha fatto il resto".

Quanti anni aveva?

"Sedici, era il 1975, ricordo che ci andavo in Vespa con alcuni amici che venivano per le vacanze da Bologna. Si andava anche all’ippodromo di Cesena. Feci presto ad appassionarmi al mondo del trotto, cominciai subito col collezionare i biglietti d’ingresso".

All’epoca studiava o lavorava?

"Studiavo e dopo il diploma in ragioneria ho trovato lavoro come spedizioniere doganale, ho lavorato per molte agenzie ravennati, fino alla pensione, nel 2012, e così ho avuto più tempo per frequentare mercatini, rigattieri, antiquari e riempire ancor più la casa…"

Diceva dell’ippodromo ravennate….

"Fino al 1921 la pista era negli attuali giardini di viale Pallavicini e si chiamava Ippodromo di Santa Maria in Porto, poi fu costruito quello alla Darsena, il ‘Candiano’, inaugurato il 5 maggio di 102 anni fa. L’8 si corsero il Campionato Europeo, montepremi di 30mila lire, e altre gare minori: tribune sempre piene".

Uno sport diffuso, all’epoca…

"L’Emilia Romagna e il Veneto sono state le culle delle corse al trotto. D’altronde fino a meno di un secolo fa il cavallo era il primo mezzo di locomozione, c’erano fiere e mercati dedicati e molte città piccole e grandi in Romagna avevano l’ippodromo: abbiamo detto di Faenza e Ravenna, poi Lugo, Forlì, Rimini, Riccione, Riolo Terme, Sant’Arcangelo, Cesena. Senza dimenticare l’Arcoveggio di Bologna".

C’erano anche allevatori di nome!

"Come la famiglia Orsi Mangelli, i fondatori dell’Omsa, che ancora negli anni Settanta del ‘900 aveva cavalli che vincevano ovunque e poi i ravennati Giovanni Gambi, il campione di nuoto, e suo padre Spartaco. Giovanni con i premi vinti col nuoto acquistava cavalli americani, all’epoca i più forti e li portava in Italia. E poi i Montuschi di Faenza, i Casadio di Ravenna, Triossi di San Pietro in Vincoli, Randi e Verlicchi di Lugo".

Ravenna vantava anche ottimi drivers e allenatori…

"Romolo Ossani, di Faenza, primo a vincere a Parigi con un cavallo italiano dell’allevamento Orsi Mangelli, poi Vincenzo Antonellini, di Sant’Alberto, Loredana Moretti, Roberto Andreghetti…"

Fra le migliaia di cimeli e documenti, chissà quante rarità…

"Rarità che sono anche pezzi di storia, come dicevo. Ad esempio la locandina della ‘Società velocipedistica ravennate’ che reclamizzava corse ciclistiche internazionali ‘all’ippodromo di Santa Maria in Porto per il 2 giugno del 1901’, a testimonianza che a quella data già c’era quella pista. Oppure il trofeo in bronzo che nel 1922 al Candiano si aggiudicò Harrod’s Creek, conduttore Augusto Butti, vincitore del ‘Campionato’ per due anni consecutivi".

Oggi non è più tempo di ippodromi. Perché?

"Da ormai 20 anni c’è crisi di pubblico, di interesse, di scommesse. Non è solo la concorrenza di altri sport, è la mancanza di visibilità, di sponsor, i giovani non ne sono attratti e soprattutto prima le agenzie e poi internet hanno reso possibili le scommesse senza andare all’ippodromo".

Il Candiano ha chiuso da tempo, diventerà un bike park.

"Alcuni anni fa presentai al Comune un progetto di rigenerazione dell’ippodromo con spazi per bambini, musica, ippoterapia, corse. Mai avuto risposta".