La demolizione delle torri Hamon. Eni ha presentato al Comune la comunicazione di inizio lavori

L’intervento connesso al progetto di parco fotovoltaico e "non rimandabile anche per ragioni di sicurezza, vista la vetustà e lo stato di conservazione. Sono interessate da fenomeni di disgregazione" .

Lo storico paesaggio industriale di Ravenna in passato fonte di ispirazione di poeti, scrittori, registo, primo tra tutti Michele Antonioni con il capolavoro Il Deserto Rosso, è destinato a scomparire definitivamente. Eni infatti ieri ha presentato al Comune di Ravenna la comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila) per la demolizione delle torri Hamon nell’area ex Sarom. Quelle ben visibili quando si percorre via Trieste in direzione di Marina di Ravenna. La Sarom, nara come raffineria negli anni Cinquanta e poi acquistata da Eni, è stata dismessa negli anni Ottanta.

"L’intervento di demolizione – scrive Eni – si rende necessario e non rimandabile anche per ragioni di sicurezza, vista la vetustà e lo stato di conservazione delle torri che risultano interessate da fenomeni di disgregazione con possibile caduta di calcinacci, fenomeno ben visibile e già in essere". A dare la notizia è il sindaco, Michele de Pascale. L’intervento di demolizione è connesso alla realizzazione del progetto, più volte annunciato da Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico, di un parco fotovoltaico per la produzione di energie rinnovabili".

Anche il sindaco ha ricordato il legame delle torri con il territorio. "Sebbene – ha detto – non ci risultino atti formali di tutela storico-paesaggistica, le torri rappresentano senza dubbio un simbolo nello skyline ravennate, con cui la comunità ha un legame affettivo, e che sono entrate nella memoria collettiva, anche grazie al film di Michelangelo Antonioni". Rappresentano inequivocabilmente un pezzo di storia del passato industriale di Ravenna ed è sicuramente d’effetto e in un certo senso emblematico che in una zona dove ieri c’era un grande stabilimento di raffinazione di idrocarburi, oggi nasca un grande polo per la produzione di energie rinnovabili". Risale a quasi dieci anni fa, al 2015, un’altra storica demolizione, quella del trasbordatore, l’imponente struttura di metallo che tutti conoscevano come la ‘gru’ della Darsena, sulla banchina del Candiano. Altro elemento fondante dell’identità industriale e portuale di Ravenna. Di proprietà demaniale, veniva utilizzato per il carico e lo scarico di merci direttamente dal bordo della nave al magazzino fosforite dell’area T. Tutto questo quando ancora erano operativi i magazzini portuali lungo via D’Alaggio.

Insomma un pezzo di storia della Darsena, l’ultima gru rimasta sulla banchina. All’epoca si annunciò che, proprio per il suo valore documentario, sarebbe stata smontata perché non più in sicurezza, per essere rimontata dopo il ‘restauro’. Cosa che in realtà non è mai avvenuta.

a.cor.