PAOLO CASADIO
Cronaca

La grande lezione di Roberta dell’archivio, all’insegna del dialetto

Promossa dalle Pro Loco, mercoledì 17 scorso è stata la Giornata nazionale dei dialetti e delle lingue locali, istituita nel...

Promossa dalle Pro Loco, mercoledì 17 scorso è stata la Giornata nazionale dei dialetti e delle lingue locali, istituita nel 2013 per "sensibilizzare istituzioni e comunità locali sull’importanza di tutelare e valorizzare i dialetti, veri e propri patrimoni culturali immateriali". Ho letto ottimi articoli sull’argomento – uno su tutti quello di Nevio Spadoni su queste colonne – che riportavano considerazioni sui vari aspetti di questa lingua popolare, purtroppo sempre meno adoperata e di cui si paventa la scomparsa. Sono stati ricordati nomi eccellenti di poeti, lirici e scrittori come Raffaello Baldini, Tonino Guerra, Giannetto Zanotti, Ferdinando Pelliciardi e altri non meno importanti. Confesso la mia affezione alla lingua romagnola, affezione che si è sviluppata prima per curiosità e poi per coscienza, di pari passo ahimé con l’invecchiare: non per una questione d’identità – che ne ho a basta – ma per il significato storico che questa lingua serba. Ma c’è altro.

Ai noti nomi prima parzialmente elencati vorrei aggiungere quello di colei che mi ha così tanto incuriosito verso il romagnolo e, siccome ne conosco la caratteriale riservatezza, la chiamerò "la Roberta dell’archivio". L’ufficio tecnico dove lavoravo faceva capo a un archivio condotto, devo dire in modo mirabile visti gli incredibili livelli di caos prodotti da noi tecnici, da tre colleghe, e una di queste era per l’appunto Roberta. Con lei consumavo la quotidiana pausa caffè alla macchinetta, ed erano dieci minuti di giacche e cappotti tagliati sulla pelle degli assenti. Cominciai a far attenzione al modo, assolutamente naturale, con il quale Roberta si esprimeva: per lei era (è) naturale l’utilizzo di parole che traducono termini dialettali in italiano. Un lessico pirotecnico composto da frasi del tipo: vedessi come s’è imbirrito, morta la luce, oggi ho il rusghino, sposta la scarana, mi sono argomblata le maniche, senti che picichero, hai una bella fardasone, ho impiato il computer, che voce ragalata, ve’ come s’è ingassato, l’ho sgavagnata, gli sfargagliano le cosce, mi ha sagattato, e altre mille espressioni sparate come fossero mortaretti. Ecco, so che per la ‘Roberta dell’archivioi si avvicina il tempo della meritata e guadagnata pensione, ma la vorrei e la vedrei come insegnante di questa lingua del tutto originale e colorita che traduce il romagnolo con parole straordinarie e impagabili.