
Il presidio di ieri mattina fuori dalla Lafert di Fusignano
I lavoratori della Lafert di Fusignano ieri mattina si sono fermati davanti a quei cancelli, che solo pochi mesi fa si erano riaperti, dopo una lunga cassa integrazione, affinché non si chiudano definitivamente, come purtroppo preannunciato dalla casa madre dell’azienda. Le bandiere dei sindacati Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil erano con loro, così come la comunità tutta di Fusignano rappresentata dal sindaco, Nicola Pondi. Quello che si prospetta è la perdita del lavoro per 60 persone: un duro colpo per la città che fu di Arcangelo Corelli.
Il presidio si è tenuto ieri, a seguito dell’assemblea dei lavoratori, che si è riunita precedentemente alla presenza dei sindacati Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil. I lavoratori hanno così deciso di proclamare lo stato di agitazione immediato di tutto il personale e un pacchetto di 24 ore di sciopero. Le prime due delle quali sono state usate, appunto, per il presidio. "L’assemblea dei lavoratori – si legge in una nota stampa diffusa dai sindacati –, unitamente alle Rsu e alle organizzazioni sindacali territoriali, ha preso atto con disappunto della volontà aziendale di chiudere lo stabilimento di Fusignano nonostante gli impegni dichiarati anche recentemente per un rilancio della produzione nel sito".
La decisione di chiusura dell’impianto, già a partire dalla fine del prossimo mese di marzo, è giunta come un fulmine a ciel sereno, nonostante la crisi di mercato in cui versava comunque l’azienda. "Nel corso delle trattative dei mesi scorsi – spiegano i sindacalisti presenti al presidio –, non si era mai accennato a questa possibilità. Anche a dicembre si parlava di strategie per comprare materie prime a minor prezzo, aggredire nuovi mercati. Oltretutto era stata ritirata da un paio di mesi la cassa integrazione ordinaria che, nonostante le incertezze del mercato, sembrava essere un buon segnale".
Nel commentare l’annuncio di chiusura dello stabilimento, giunto il giorno prima, i sindacalisti sottolineano come "manchi completamente il lato umano della vicenda nella comunicazione dell’azienda. È stato fatto un mero calcolo matematico, non si è tenuto conto dell’aspetto umano". I sindacati chiedono che si apra il prima possibile un tavolo regionale per cercare di rimediare alla situazione. Richiesta accolta dal sindaco Pondi. "Ho già chiamato l’assessore regionale Giovanni Paglia – afferma il sindaco di Fusignano – che si è subito detto disponibile ad aprire un tavolo di confronto. Ci troviamo in una situazione di forte vulnerabilità con 60 persone che rischiano di perdere il lavoro. All’interno di queste ci sono anche interi nuclei familiari, con entrambi i coniugi impiegati all’interno dello stabilimento".
Il primo obiettivo è quello di non chiudere quei cancelli che ieri erano presidiati dai lavoratori, come confermano sia i sindacati che il sindaco. Nel frattempo si provano a sondare anche soluzioni alternative. "Mi sto confrontando con gli altri sindaci della Bassa Romagna – confida Pondi – per cercare di capire se vi siano imprese del territorio in grado di assorbire al loro interno i lavoratori che dovessero perdere il posto". La Lafert Spa, azienda veneta che si occupa di progettazione e produzione di motori elettrici, parte del colosso giapponese Sumitomo Heavy Industries, ha annunciato la cessazione delle attività dello stabilimento produttivo di Fusignano due giorni fa durante un incontro con le organizzazioni sindacali. Il ricorso alla cassa integrazione è durato quasi due anni. Lo stabilimento è operativo sul territorio da circa 30 anni.
Matteo Bondi