Lo studio del fotografo Tassinari torna all’800

Il professionista faentino ha allestito il laboratorio di via Garibaldi come quelli dell’epoca, con tanto di macchina di quel secolo

Lo studio del fotografo Tassinari torna all’800

Lo studio del fotografo Tassinari torna all’800

L’Ottocento e l’epopea della fotografia rivivono nello studio che Raffaele Tassinari ha allestito al primo piano di uno storico palazzo di corso Garibaldi – lo stesso dove ha sede la Bottega Bertaccini – proprio a fianco di Palazzo Laderchi a Faenza. Qui Tassinari, fotografo di lunga data attivo sia sul fronte artistico che in quello della carta stampata, con materiali rigorosamente d’epoca ha allestito uno studio di posa sul modello di quelli che centocinquant’anni fa popolavano la città, al cui interno le famiglie più in vista rimanevano immobili per lunghi minuti in attesa che le macchine fotografiche fissassero la loro immagine sulla carta.

Gli studi fotografici attivi in quell’epoca erano molti. "I più noti erano quelli di Cattani, di Pasini, di Resta, di Gorini – spiega Tassinari – gli stessi dei quali conserviamo il maggior numero di opere". In quell’epoca di corsetti e cravatte vagamente Ascot erano diversi i formati fotografici in uso: "Si entrava negli studi per uscirne con un cosiddetto ‘portrait’ – prosegue Tassinari – oppure con una foto in altri formati quali la carte de visite, la mignolet, la promenade, o quella che veniva chiamata ‘margherita’". La macchina fotografica che Tassinari utilizza per le sue foto ‘d’epoca’ risale alla metà dell’Ottocento: "Non ha alcun marchio perché è molto probabilmente opera di un ebanista". Se i secoli avessero un colore il Cinquecento sarebbe forse l’epoca del blu utilizzato nei cieli tersi dei maestri della pittura, e il Seicento il bianco lucente delle forme plasmate dal Bernini, o forse delle ombre ritratte dal Caravaggio: nessun dubbio invece sulle tonalità dell’Ottocento, epoca in cui la moda maschile si uniforma sui colori scuri e nella quale la fotografia, con il suo bianco e nero, sostituisce la pittura come principale forma di riproduzione della realtà. Il grigio non era però l’unica scelta possibile per chi volesse vedere il suo volto su carta: "Esistevano anche la cianotipia, o il viraggio seppiato". L’esposizione, come detto, poteva richiedere vari giri d’orologio: "Il tempo veniva contato in pose, e ad ogni posa corrispondeva un secondo". Che volto avrà la Faenza che si accomoderà davanti alla macchina di Tassinari? Gli abiti dell’epoca lasceranno il posto a mise più attuali, oppure si continuerà a sfilare in queste stanze fasciati di copribusti e nodi lavallière? A deciderlo sarà, come sempre, il gusto più in voga.

Filippo Donati