
Nel quesito anche l’eventuale pericolosità sociale dell’uomo. Oggi sempre in assise nuova udienza .
Dovrà valutare, avvalendosi anche di tutte le cartelle cliniche messe a disposizione, se l’imputato al momento dell’omicidio della moglie, fosse nel pieno delle sue facoltà mentali. E, qualora dovesse essere rilevato un vizio di mente, l’esperto dovrà stabilire se l’uomo sia socialmente pericoloso e, nel caso, quale misura sia la più idonea per contenerlo.
Nella tarda mattinata di ieri la corte d’assise di Ravenna ha affidato allo psichiatra Pietro Pietrini di Lucca, il quale si avvarrà anche della collaborazione della psicologa Dora Giorgi, la perizia per valutare Enzo Giardi, l’uomo che il 9 settembre dell’anno scorso aveva annegato la moglie Piera Ebe Bertini, gravemente malata di Alzheimer.
Novanta i giorni di tempo per depositare l’elaborato. La procura non ha individuato alcun consulente. Mentre la difesa - avvocati Monica Miserocchi e Antonella Monteleone - avevano già prodotto due consulenze: quella dello psichiatra Michele Sanza e quella dello psicologo Vittorio Foschini. In tali documenti si descrive in buona sostanza una condizione di depressione sotto soglia, non clinicamente grave, ma capace di compromettere – in uno specifico frangente – il contatto dell’uomo con la realtà. Secondo Foschini, Giardi sarebbe stato sopraffatto da anni di cura quotidiana in solitudine, in un contesto in cui la degenerazione psichica della moglie aveva reso ogni gesto un rituale senza speranza. Il momento del fatto – sempre secondo i consulenti delle difese – sarebbe stato innescato da un evento improvviso: la caduta a terra della donna durante le cure quotidiane che avrebbe generato un cortocircuito emotivo e psichico, "una rottura del rapporto con la realtà" che renderebbe Giardi parzialmente incapace al momento del gesto. Una forma di smarrimento mentale come "quello che i ragazzi chiamano lo sbrocco".
Anche il pm Daniele Barberini aveva condiviso la necessità dell’accertamento psichiatrico. "È lo stesso imputato ad avere definito quanto accaduto come un fulmine a ciel sereno", aveva osservato. Giardi del resto non aveva mai negato alcuna responsabilità nell’accaduto. Dopo avere immerso la testa della moglie nella vasca da bagno nella loro casa di via Lolli, aveva chiamato il 118 e si era autodenunciato. La scena del crimine, così come documentata dai carabinieri e dai consulenti tecnici, non presentava segni di violenza: la casa era in ordine, la donna era vestita.
La Corte, presieduta dal giudice Giovanni Trerè con a latere la collega Antonella Guidomei, ha già acquisito i verbali dei carabinieri, la trascrizione della telefonata dell’imputato al 118, l’autopsia eseguita dal medico legale Guido Pelletti, la cartella clinica della vittima. La difesa aveva inoltre prodotto la rinuncia all’eredità da parte dell’imputato e una scheda Inps che attestava la non autosufficienza della signora Bertini. Il processo sempre in corte d’assise proseguirà oggi.