Morto nel crollo a San Bartolo: "La passerella fu sequestrata ed era chiusa da due ore prima"

Il tecnico regionale precipitato stava documentando l’erosione degli argini in corso. La Polizia locale: "Indagammo l’imprenditore della centrale alle 12.50, Zavatta è morto alle 15". .

Morto nel crollo a San Bartolo: "La passerella fu sequestrata ed era chiusa da due ore prima"

Morto nel crollo a San Bartolo: "La passerella fu sequestrata ed era chiusa da due ore prima"

Il 25 ottobre 2018 la passerella pedonale della diga di San Bartolo era stata posta sotto sequestro dalla Polizia locale e transennata già due ore prima che il tecnico della protezione civile regionale, Danilo Zavatta, camminandoci sopra per scattare foto e documentare l’erosione degli argini conseguente a un fenomeno di sifonamento, fosse inghiottito dal crollo di una campata, perdendo la vita. È quanto emerso ieri nel processo per omicidio e disastro colposi con nove imputati, a vario titolo, tra dirigenti della Regione Emilia Romagna, progettisti e responsabili della Gipco, la concessionaria della centrale idroelettrica che per la Procura è all’origine dell’accaduto. Un’udienza importante per le difese che, relativamente all’accusa di omicidio colposo, vogliono dimostrare che il 52enne addetto alla sorveglianza idraulica del fiume Ronco non doveva trovarsi lì. Vero è che altri prima di lui – vigili del fuoco, carabinieri forestali, agenti di polizia locale, tecnici comunali –, anche nelle due ore successive al sequestro del manufatto, avevano camminato sulla passerella, sempre per motivi d’ufficio e per documentare l’erosione in atto degli argini.

Nei mesi precedenti si era manifestato un fenomeno di sifonamento che aveva determinato lo scalzamento di una pila della diga. Una sorta di voragine allargatasi col tempo e palesata anche dopo il passaggio di un camion-gru che, scaricando una turbina, con la ruota era finito "in un buco", poi riempito "con ghiaia e macerie", come ha raccontato l’autotrasportatore davanti al giudice Cosimo Pedullà. Un agente della Polizia locale ha invece ricostruito gli eventi principali. Il 3 gennaio Daniele Tumidei, l’imprenditore che ha costruito la centrale, con una mail alla Polizia locale aveva comunicato il ripristino della funzionalità dell’impianto. Ma il giorno del sopralluogo, 10 ottobre, lo stesso fu rinviato in quanto il livello dell’acqua era troppo alto. L’ispezione successiva venne fissata per il 25 ottobre, ma quel giorno, intorno alle 11.40, davanti agli occhi di agenti, militari forestali, tecnici Arpae e della Regione, a seguito dell’abbassamento del livello dell’acqua per verificare la soluzione del problema di sifonamento l’argine cominciò a franare, con "voragini attorno al manufatto". "Fu a quel punto – ha detto il testimone – che comunicammo a Tumidei un’indagine a suo carico per disastro colposo" e la Polizia locale mise a verbale le dichiarazioni di un tecnico della Regione secondo cui "vi erano stati errori di esecuzione nei lavori". Erano le 12.50, un’indagine già aperta e la passerella transennata: dal lato dell’argine destro con una griglia metallica alta due metri e cartelli di divieto d’accesso, da quello di via Ravegnana con una semplice bandella biancorossa "in quanto dovevamo continuare ad accedervi per documentare lo stato dei luoghi". L’ultimo a farlo, Zavatta, intorno alle 15 restò vittima del crollo della diga. Un piccolo giallo: con altri colleghi, sarebbe passato dal lato destro anche se una foto scattata alle 18, tre ore dopo la tragedia, documenta lo sbarramento ancora integro (foto).

Infine, un avvocato della Regione ha riferito come una segnalazione precedente delle problematiche emerse nella costruzione della centrale, firmata da un altro ispettore idraulico, fosse stata protocollata ma "non fascicolata dalla protocollista", ragione per cui uno dei dirigenti della Regione, Mauro Vannoni, tra gli imputati, non ne avrebbe avuto contezza.

Lorenzo Priviato