"Nemmeno col salvagente si sarebbe salvato"

Tuffo mortale dal catamarano a Milano Marittima: per il gup la condotta della vittima ha determinato la tragedia

"Nemmeno col salvagente si sarebbe salvato"

"Nemmeno col salvagente si sarebbe salvato"

Si era tuffato nonostante le condizioni meteo non fossero buone, lui non fosse "particolarmente provetto nell’attività natatoria", si fosse tolto "il giubbotto galleggiante" e fosse reduce da un aperitivo alcolico. E se anche a bordo dell’imbarcazione ci fosse stato il salvagente anulare con cima galleggiante, non ci sono "elementi sufficienti a dimostrare che ciò avrebbe potuto evitare il drammatico evento".

In sintesi è quanto ha scritto il gup Corrado Schiaretti nelle motivazioni, depositate di recente, della sentenza con la quale il 14 settembre scorso aveva assolto entrambi gli imputati, "perché il fatto non sussiste", per l’ omicidio colposo di Davide Pastorelli, il 46enne cesenate annegato il 27 agosto 2020 a Milano Marittima dopo un tuffo da un catamarano preso in affitto dal gruppo di amici con il quale si trovava. Sotto accusa c’erano finiti Enea Puntiroli e Mattia Puntiroli, ovvero il 54enne titolare al momento dei fatti della società in concessione ‘centro velico al canalino’ dalla quale era stata noleggiata l’imbarcazione per un’escursione in mare; e del 26enne addetto alla consegna dei natanti da diporto.

In prima battuta le indagini coordinate dal pm Angela Scorza, avevano portato a una richiesta di archiviazione: istanza tuttavia respinta dal gip in seguito all’opposizione degli avvocati dei familiari del defunto. La stessa procura, all’esito di specifica consulenza, aveva infine escluso l’esistenza di un nesso causale tra decesso e assenza del salvagente a bordo: e aveva di conseguenza chiesto l’assoluzione per gli imputati al termine del rito abbreviato condizionato a una consulenza sulla distanza del catamarano dalla battigia al momento della tragedia.

Quella mattina - come ricapitolato dal gup - i quattro amici poi saliti a bordo del catamarano, si erano incontrati nel negozio di Cesena dove lavorava uno di loro e avevano concordato di passare la giornata assieme a Milano Marittima. In attesa che l’ultimo finisse di lavorare, gli altri tre erano andati a prendere un aperitivo a Cesena. Poi si erano trasferiti in uno stabilimento balneare di Pinarella dove avevano pranzato e bevuto altri drink. Verso le 16 avevano affittato il catamarano ricevendo la prescrizione dai noleggiatori di indossare i giubbotti salvagente e di navigare entro i 500 metri dalla costa. Tempo 15 minuti, Pastorelli e un’amica, dopo essersi tolti i giubbetti, avevano deciso di tuffarsi: in quel momento - ha annotato il giudice - l’imbarcazione si trovava a circa 300 metri. Il mare era mosso e tirava vento: e se lei era riuscita a nuotare fino a ridosso del catamarano, lui si era allontanato sparendo alla vista dei compagni. Inutili le manovre per recuperarlo: "Avevano preso a navigare avanti e indietro per cercarlo, considerando anche la possibilità che l’amico avesse preso autonomamente, a nuoto, la via della riva". Senza cellulari dietro, alla fine avevano deciso di tornare al centro velico: da lì erano scattate le ricerche. Il corpo del 46enne era stato recuperato attorno alle 10 del giorno dopo dalla guardia costiera. Le analisi avevano rivelato un tasso alcolemico di 1,2: un valore in fondo normale per qualche drink in un afoso pomeriggio d’estate: ma che - secondo il gup - "aveva comunque contribuito ad aggravate le difficoltà di Pastorelli" alla luce delle "condizioni atmosferiche sfavorevoli". Secondo il giudice, "certamente la gestione amministrativa del centro velico non poteva definirsi ineccepibile: ma nessuna delle carenze e delle violazioni rilevate, poteva avere" avuto un ruolo nell’accaduto.

Certo: quell’imbarcazione aveva una dotazione per lo spazio entro i 300 metri nel quale però è vietata la navigazione: "In sostanza venivano noleggiati catamarani dedicati alla navigazione costiera in violazione alle specifiche ordinanze". Ma si tratta di un’omissione "non causale all’evento vagliato". Diversamente sarebbe stato se in quel pomeriggio si fosse fatto male un bagnante. Nel nostro caso invece a rimetterci, era stato uno degli occupanti del catamarano la cui condotta peraltro ha avuto "un ruolo decisivo". E se anche gli altri tre amici avessero avuto il salvagente a disposizione, le azioni della vittima "sono state assorbenti ponendo i compagni d’equipaggio nell’impossibilità di qualsiasi efficace azione di recupero".

Andrea Colombari