Nuovo ’no’ all’ambulatorio di Guerra dalla Cassazione

Il veterinario Mauro Guerra ha visto respinto il ricorso in Cassazione e dovrà pagare una multa di 3.000 euro. Il suo ambulatorio è sotto sequestro e dovrà continuare le visite a domicilio.

Nuovo ’no’ all’ambulatorio di Guerra dalla Cassazione

Nuovo ’no’ all’ambulatorio di Guerra dalla Cassazione

Non solo per il suo ricorso è stata dichiarata “inammissibilità totale”. Ma ora il diretto interessato dovrà pure pagare 3.000 euro alla cassa delle ammende. Il nuovo no al 50enne veterinario Mauro Guerra per il suo ambulatorio di Sant’Antonio, finito sotto sequestro preventivo il 29 settembre, è arrivato nei giorni scorsi dalla Cassazione. E visto che, come lui stesso di recente ha dato atto su Facebook, si è al momento arenato pure il progetto di potere visitare i suoi pazienti a quattro zampe in una struttura prefabbricata non distante dall’ambulatorio, Guerra dovrà per ora proseguire con le sue visite a domicilio (a meno che un collega non decida ad esempio di ospitarlo nel suo ambulatorio).

La decisione della quarta sezione della Suprema Corte segue di poche settimane quella presa, con motivazioni depositate a fine dicembre scorso, dal tribunale del Riesame di Ravenna il quale aveva rigettato la richiesta del 50enne di sospendere l’esecuzione del sequestro in attesa appunto dell’udienza in Cassazione di fine gennaio. Il procedimento da cui tutto è scaturito, vede proprio in queste settimane Guerra a processo, tra le altre cose, per maltrattamento e uccisione di animali e per reati di natura tributaria. L’indagine, coordinata dal pm Marilù Gattelli, sul piano disciplinare è peraltro costata a Guerra la radiazione a maggioranza: la tempestiva impugnazione del provvedimento ne ha però sospeso l’esecutività. Il 50enne può insomma ancora lavorare in attesa della decisione di secondo grado. Ma non nel suo storico ambulatorio di via Pile per le ragioni che ora conosciamo. Sul punto, l’ultimo Riesame, presieduto dal giudice Antonella Guidomei, circa le ragioni portate dalla difesa aveva sottolineato che a nulla rileva che il tribunale del precedente Riesame “non abbia dato alcuna disposizione sull’esecuzione del sequestro” trattandosi di “adempimento di pertinenza del pubblico ministero”. Nemmeno poteva “assumere rilevanza quale sia l’autorità di polizia giudiziaria che concretamente abbia eseguito il provvedimento” dato che ciò “non inficia la validità del sequestro né della sua esecuzione”. Come dire che andava fatto e basta. L’atto che aveva portato alla chiusura dell’ambulatorio, era scattato in ragione della decisione del Riesame - presieduto dal giudice Cecilia Calandra - di dare seguito a quanto già deciso dalla Cassazione nel novembre 2021: in quell’occasione i giudici romani avevano annullato l’ordinanza di dissequestro della struttura di via Pile decisa a Ravenna da un precedente Riesame del 26 maggio 2021. Dal punto di vista tecnico, si è cioè trattato del ripristino di un sequestro: perché la misura era stata disposta il 3 maggio sempre 2021 attraverso un decreto emesso dal gip Andrea Galanti su richiesta dalla procura.

E, al netto del primo Riesame, era stata mantenuta per la sola stanza del miele. Il pm aveva allora fatto ricorso per Cassazione lamentando un’erronea applicazione della legge penale e ricordando che già il gip aveva motivato “ampiamente e approfonditamente”, affrontando tutti i requisiti legati all’adeguatezza e alla proporzionalità della misura. Per quanto riguarda il nocciolo della vicenda, già il primo Riesame aveva precisato che l’accusa, così come formulata, reggeva su tutti i punti proposti. Guerra ha invece sempre difeso la liceità del proprio operato scegliendo il dibattimento per provare a dimostrare le sue ragioni.

Andrea Colombari