"Più di 60mila euro e la metà delle spese"

Dal capo d’imputazione è quanto Adamo Guerra deve ancora alla moglie. Vanno però sottratti i soldi dati dai genitori

"Più di 60mila euro e la metà delle spese"

"Più di 60mila euro e la metà delle spese"

Di euro alla moglie e alle due figlie, almeno dalla lettura del capo d’imputazione, ne aveva dati 2.500 sottoforma di assegno bancario. Poi più nulla, almeno dal primo luglio 2013 secondo la querela presentata nel settembre 2016 ai carabinieri di Imola. Considerando che durante l’udienza di separazione consensuale, davanti al tribunale di Ravenna era stata fissata una quota di 500 euro mensili (più rivalutazione annuale), ecco che la cifra che il 56enne Adamo Guerra dovrà alla consorte Raffaella Borghi alla data di inizio (metà gennaio) del processo per mancato mantenimento, supera i 60 mila euro di liquidi. A questi, si deve sommare il 50% di tutte le spese necessarie e straordinarie, mediche, scolastiche e dell’attività sportiva sostenute per le figlie, nel frattempo diventate maggiorenni.

Così è almeno sulla carta (il decreto di citazione a giudizio): perché da questo valore andranno sottratti i soldi che eventualmente i suoi familiari rimasti a Lugo, hanno versato in sua vece alla donna e alla figlie. Nessuna possibilità che il reato vada prescritto dato che è permanente: cioè si protrae nel tempo in ragione di una condotta dell’imputato ritenuta persistente e volontaria.

È invece altamente possibile che il 56enne, tutelato d’ufficio dall’avvocato Carlotta Benini, quel giorno si presenti in aula davanti al giudice Antonella Guidomei. Del resto, contro ogni previsione della vigilia, martedì mattina era presente davanti al giudice Pierpaolo Galante per la prima udienza legata al divorzio dalla consorte. A quel punto è stato chiaro a tutti che era tornato in Italia insomma, da dove si era allontanato nel 2013 "facendo mancare i mezzi di sussistenza alla moglie e alle due figlie minori - si legge nel capo d’imputazione - senza dare più alcuna notizia di sé".

Si è poi scoperto che si era trasferito a Patrasso, in Grecia, dove ancora risulta la sua residenza formale secondo le liste Aire (anagrafe degli italiani residenti all’estero).

La sua storia ha assunto un forte rilievo mediatico in quanto l’uomo sembrava avesse inscenato un suicidio con tanto di bigliettino di addio: e i familiari lo avrebbero così considerato morto per 10 anni: una vicenda portata agli onori delle cronache da ‘Chi l’ha visto?’ a cui la ex moglie si era rivolta. E giusto il giorno prima della messa in onda del servizio, a Ravenna si era tenuta quella che avrebbe dovuto essere la prima udienza relativa al contestato mancato mantenimento. In quella occasione, era presente la consorte ma non l’uomo: per una questione formale - il suo legale d’ufficio si era cancellato dalle apposite liste -, il giudice aveva deciso di rinviare l’intero processo a inizio anno nuovo appunto, fatti salvi tutti i diritti della parte offesa. E cioè la possibilità per la moglie di costituirsi parte civile in quella occasione. La donna, allora così come martedì mattina, è apparsa visibilmente scossa per la vicenda, a tratti in lacrime.

a.col.