"Prof, preside e poi assessore col Ravenna in B"

Libero Asioli e gli anni di docenza alle medie fino a diventare dirigente alla Don Minzoni. E a fine anni 80 l’ingresso nella giunta Dragoni

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di Carlo Raggi

L’infanzia e l’adolescenza a Porto Fuori, quando nella frazione c’erano poche case attorno alla chiesa e al circolo del Pci, l’iscrizione all’Itis caldeggiata da un insegnante che ne aveva intuito le capacità, quindi il diploma che ne ha determinato la vita professionale permettendogli di insegnare per oltre 30 anni alle medie fino a diventare preside, alla Don Minzoni. E alla docenza, Libero Asioli ha abbinato il percorso in Federcaccia fino a presidente regionale e quello politico-amministrativo, da consigliere comunale nel Pci a segretario comunale dei Ds, ad assessore alla scuola e allo sport. Era il tempo dell’avvio della chiusura delle scuole elementari nel forese, ma anche del Ravenna in serie B e quindi dell’adeguamento della capienza dello stadio. Nel 2006 Francesco Giangrandi lo chiamò in giunta in Provincia e si devono ad Asioli le decine di invasi in collina, l’abbinamento fra agricoltura e turismo grazie ai soldi europei, la ristrutturazione delle stalle per produrre latte di qualità. Ancora oggi è sulla breccia, tesoriere del Pd e coordinatore degli Atc.

Se le nostre colline sono così rigogliose dal punto di vista frutticolo e nella secca estate scorsa hanno tenuto, si deve ai laghi artificiali voluti da lei. È così?

"Il merito è di tanti a cominciare da Francesco Giangrandi che da presidente della Provincia mi chiamò a fare l’assessore e subentrai a Corsini. Il punto di partenza fu il Piano di sviluppo rurale grazie al quale per la prima volta portammo a casa finanziamenti europei con cui, in accordo con il Consorzio di Bonifica, iniziammo la costruzione degli invasi".

Così la frutticultura dalla pianura si estese alla collina…

"E per far sì che l’agricoltura ampliasse il fronte del reddito e offrisse anche ai giovani allettanti prospettive puntai sull’agriturismo di qualità, cercai cioè di legare il turismo ai campi, ai prodotti locali, vino e frutta. E anche qui i finanziamenti europei hanno dato una mano determinante. Poi il terzo fronte…".

Spieghi…

"Quello della ristrutturazione delle stalle, in coordinamento con la Granarolo, per il latte di qualità. Importante fu l’accordo con il presidente degli allevatori, Giuseppe Liverani. Riuscii a ottenere dalla Regione un finanziamento di cinque milioni di euro. Ebbi grandi soddisfazioni in quegli anni, anche dal fronte della caccia e della pesca".

La caccia è una sua antica passione, per anni lei è stato anche ai vertici di Federcaccia. Ne parleremo. Ora facciamo un passo indietro: dove ha trascorso l’adolescenza?

"A Porto Fuori dove babbo Celso e mamma Angela erano mezzadri dei Rasponi. Io sono stato il penultimo di sette figli. La prima è Ornella, fine anni 30. Quando poi nel dopoguerra i Rasponi iniziarono a vendere, il babbo e alcuni dei suoi fratelli, loro erano nove, comperarono un bel podere e costruirono la casa, sotto l’argine del fiume. Gran parte della tenuta fu acquistata da Serafino Ferruzzi".

Lei quindi è cresciuto in campagna. Come era all’epoca Porto Fuori?

"Un gruppo di case attorno alla chiesa, la scuola elementare e il circolo del Pci. E nella ‘larga’ tanti casolari sparsi. Poi sono arrivate le tre ondate migratorie: dalla collina alla pianura, quella dal Sud e infine quella dall’estero".

Parliamo della scuola.

"Ricordo le difficoltà in prima elementare. Come tutti i bambini di allora, era il ’54, conoscevo solo il dialetto. Poi l’avviamento a Ravenna, in via Rondinelli. Andavo quasi sempre in bicicletta. Finita la terza davo per concluso il ciclo scolastico; invece l’insegnante di italiano, Mafalda Rubboli, venne a casa nostra e parlò con babbo e mamma insistendo perché continuassi gli studi e questo cambiò il corso della mia vita. Mia sorella andò a iscrivermi all’Itis dove nel ’67 mi sono diplomato in chimica industriale".

Come è arrivato all’insegnamento?

"Cominciai a fare il giro delle industrie chimiche e capii subito che quel mondo chiuso fra quattro mura non era fatto per me. Preferisco zappare, dicevo! Diverso fu con l’Arrigoni di Cesena, feci due campagne, il ’69 e il ’70. Poi puntai sulla scuola, iniziai a fare supplenze di applicazioni tecniche alle medie, alla Damiano, a Cervia, alla Matteucci e poi alla Don Minzoni. Nel ’73 mi sposai, con Lidia Castellani, l’avevo conosciuta al circolo Pri di Campiano dove andavo a ballare, poco dopo passai di ruolo e nel ’77 nacque Lisa".

Lei ha fatto anche il preside.

"Prima il vice, poi il reggente, alla Don Minzoni. Diventai famoso per le sospensioni con obbligo di frequenza. Sono sempre stato contrario alle sospensioni tout court, sono convinto che con i ragazzi si debba agire dando regole. Così il ragazzo, pur sospeso, sarebbe dovuto venire a scuola: qui trascorreva la mattina in biblioteca con un insegnante e doveva fare i compiti assegnati. E se lo studente faceva sport, chiedevo la collaborazione dell’allenatore. Ho visto buoni risultati".

Nel frattempo lei era diventato presidente della Federcaccia comunale.

"Nei primi anni 80. A 17 anni mi ero iscritto alla Fgci, poi al Pci. Questo percorso, collegato alla passione per la caccia e all’interesse per riorganizzare l’attività venatoria, erano i tempi degli Atc, la delimitazione delle aree di caccia, mi hanno portato ai vertici dell’associazione, fino a quella regionale nei primi anni Duemila. E contemporaneamente all’attività in Federcaccia, pensi che all’epoca i cacciatori in provincia erano ventimila, oggi appena 5mila, il partito mi presentò alle elezioni comunali e fui eletto per due mandati".

A fine anni 80 lei entrò nella giunta con sindaco Mauro Dragoni.

"Premetto che mi sono sempre considerato prestato alla politica. Dragoni mi diede la delega alla scuola e allo sport: c’era da riorganizzare il mondo della scuola. Per via del calo demografico, c’erano plessi elementari e medi mezzi vuoti, soprattutto nelle frazioni. Accorpammo, chiudemmo soprattutto le elementari in campagna, in città costruimmo la nuova Muratori così da non pagare più affitti".

In quel periodo il Ravenna calcio andò in B...

"Già e in fretta dovemmo adeguare lo stadio alla capienza imposta dalla Lega. E ci riuscimmo. Fu un’esperienza di grande interesse anche per comprendere certi meccanismi amministrativi. Assessore alle Finanze era Miserocchi, che poi diventerà sindaco. La sua parola d’ordine era: non si fanno debiti. Eppure riuscimmo a trovare fondi, spulciando fra quelli stanziati ma mai utilizzati. Servirono per la scuola".

Conclusa l’esperienza in Comune arrivò quella in Provincia.

"Fu nel 2006, quando ero segretario comunale del Pd. Di quella mia esperienza di assessore provinciale le ho già detto, ad eccezione del fronte caccia".

Appunto. Come è cambiata nel tempo la figura del cacciatore ravennate?

"Premesso che la caccia è passione, non sport, oggi il cacciatore è una delle figure che gestiscono l’ambiente. Prenda il contenimento dei cinghiali, ci sono precise regole e soprattutto c’è gente che lavora duro per i recinti, le elettrificazioni a salvaguardia delle colture, l’attività di abbattimento. Se vengono a mancare queste forze i cinghiali invaderanno le città. Le tasse e i contributi pagati dai cacciatori servono poi per il ripopolamento e gli incentivi agli agricoltori a sostegno delle colture per l’alimentazione dei volatili e per i rimborsi in caso di danni arrecati dalla fauna cacciabile, e per tanto altro".

In Provincia si è occupato anche di pesca.

"Avevo un obiettivo: permettere la risalita del pesce nei fiumi laddove è ostacolata dalle dighe. Ci sono riuscito solo per il Reno a Volta Scirocco".