Respinto il ricorso al Tar Sconta due anni per maltrattamenti Ma invoca il diritto all’unità famigliare

Uno straniero si era visto rigettata dal questore la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno. Per questo si era rivolto al tribunale amministrativo di Bologna che però gli ha dato torto .

Respinto il ricorso al Tar  Sconta due anni per maltrattamenti  Ma invoca il diritto all’unità famigliare

Respinto il ricorso al Tar Sconta due anni per maltrattamenti Ma invoca il diritto all’unità famigliare

Con una mano ha prima patteggiato due anni per maltrattamenti in famiglia. E con l’altra ha poi invocato il diritto all’unità familiare per chiedere al Tar di Bologna di annullare il decreto con il quale il questore di Ravenna gli aveva rigettato la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno. Ora anche i giudici bolognesi gli hanno detto picche: il "giudizio di pericolosità sociale" fatto dalla questura, è cioè "corretto". Uguale a "ricorso respinto perché infondato" – si legge nella sentenza appena depositata – e condanna per l’uomo a sborsare 2.000 euro per le spese di causa.

Protagonista della singolare vicenda, è un 50enne di origine magrebina che da più di trent’anni vive a Ravenna e che aveva chiesto un rinnovo del permesso per motivi di lavoro. Sulla sua strada si è però ritrovato il patteggiamento per maltrattamenti in famiglia e lesioni personali aggravate del settembre 2019: motivo questo che già da solo potrebbe bastare per la revoca del permesso. Certo, occorre un bilanciamento. Tuttavia nel caso del 50enne, nel febbraio sempre del 2019 era stato emesso un avviso orale a cambiare condotta di vita per via del suo comportamento segnato da "reati che mettono in pericolo non solo la sicurezza e la tranquillità pubblica", ma anche "la sicurezza dei propri familiari".

È in questo contesto che l’uomo, padre di più figli, aveva invocato la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo. Come dire che era fondamentale assicurare a quel nucleo familiare anche la presenza del padre: una necessità – sempre secondo l’uomo – superiore ai suoi pregressi diciamo un poco tumultuosi. E l’invito al collegio del Tar – presieduto dal giudice Andrea Migliozzi – era stato proprio questo: valutare la natura dei legami familiari; e poi ancora ponderare il lunghissimo periodo trascorso in Italia e gli scarsi contatti con il Paese d’origine: il ritorno là, a suo avviso equivarrebbe a un ingresso in un ambiente del tutto sconosciuto. "Censure che – prosegue la sentenza – non possono trovare accoglimento".

Si ritorna qui al patteggiamento: una "grave condanna, come emerge dalla lettura dei fatti", peraltro "divenuta definitiva". Sul punto, ma non solo, la valutazione della questura era stata netta: "(…) lo straniero ha evidenziato una personalità costantemente dedita alla commissione di gravi reati (…) pertanto non riunisce i requisiti per il rinnovo".

Ciò significa – hanno evidenziato i giudici amministrativi – che è stato "effettuato il doveroso bilanciamento dei contrapposti interessi, privilegiando non solo le esigenze di tutela della sicurezza pubblica ma anche e soprattutto la prioritaria sicurezza degli stessi familiari" del 50enne. Peraltro il Consiglio di Stato di recente "ha ribadito che la presenza di una famiglia sul territorio italiano, non può costituire immunità dal rischio di revoca del rinnovo del permesso di soggiorno".

In questo caso poi, oltre al patteggiamento, il Tar ha ricordato le condanne del novembre 2022 per guida in stato di ebrezza e rifiuto a sottoporsi a etilometro; dell’ottobre 2010 per rissa e dell’aprile 2009 per fuga da incidente con feriti e rifiuto sempre a sottoporsi a etilometri. Il legale del 50enne, l’avvocato Andrea Maestri, ha precisato che l’invocazione all’unità familiare "sembra sì un paradosso: ma il patteggiamento riguarda un periodo familiare precedente: gli attriti si erano poi appianati". Farà insomma appello: "E sono realisticamente ottimista sulle possibilità di accoglimento del Consiglio di Stato alla luce della giurisprudenza maturata in materia".