Ristori, mancano gli elementi per le richieste

Carugati, Ascom: "Siamo preoccupati, le regole per le imprese non sono ancora chiare e i tecnici non possono procedere con le perizie"

Ristori, mancano gli elementi per le richieste

Ristori, mancano gli elementi per le richieste

di Damiano Ventura

A otto mesi esatti dall’alluvione che ha devastato il territorio faentino, in collina e in pianura, sono ancora tante le attività che non hanno riaperto. Innumerevoli sono infatti le difficoltà che sono state segnalate dagli imprenditori in tema di ripartenza e ad oggi gli interrogativi principali restano quelli legati alle risorse, ovvero ai ristori.

"I tecnici – evidenzia Francesco Carugati direttore di Ascom –, sono preoccupati perchè ad oggi non hanno ancora tutti gli elementi sufficienti per poter procedere con le perizie, e i dubbi sono ancora troppi. C’è un silenzio assordante che il mondo delle imprese ha bisogno che venga interrotto da parte della struttura commissariale e del governo centrale. Le regole del gioco non sono ancora chiare. Noi stessi per la nostra associazione abbiamo posto quesiti oltre trenta giorni fa, a cui non è stata data risposta. Siamo quindi molto preoccupati".

Complessivamente sono circa 150 le aziende del territorio faentino associate ad Ascom e coinvolte negli eventi alluvionali. Più in generale "in provincia di Ravenna le aziende che hanno presentato istanza per accedere ai fondi messi a disposizione dalla Camera di Commercio sono 1848 di cui 850 solo nell’area di Faenza – prosegue Carugati –. Una quantità estremamente rilevante di aziende che hanno quindi riportato danni chi per poche migliaia di euro e chi per milioni. E’ per questo che abbiamo bisogno di risposte da parte della struttura commissariale".

A tale fotografia si aggiungono inoltre le cessazioni delle attività, che numeri alla mano "nel 2023 sono raddoppiate rispetto al 2022". Non tutte a causa dell’alluvione ovviamente, ma sufficienti per parlare di "ricadute pesanti sul territorio" conclude Carugati. Nel frattempo c’è chi è ripartito lo stesso: "Chi ha riaperto lo ha fatto prevalentemente con risorse proprie – evidenzia Chiara Venturi direttrice di Confesercenti per la zona faentina –. E chi invece ha chiuso definitivamente l’attività non vedrà nulla. L’ordinanza infatti prevede che chi chiude la partita iva non potrà fare domanda di ristoro".

Le misure utilizzate ad oggi dalle imprese per il tramite delle associazione di categoria sono quindi: "il bando della Camera di Commercio, il bonus Inps e gli stanziamenti degli enti bilaterali per chi ne aveva diritto – rileva Venturi –. Sul tema dell’ordinanza della struttura commissariale inoltre abbiamo presentato una serie di quesiti insieme agli ordini professionali. E gli stessi periti stanno chiedendo di fare chiarezza. C’è infatti un concreto rischio di presentare domande non conformi sulla piattaforma Sfinge".

In parole povere: "l’ordinanza esiste ma non ci consente di operare serenamente. E così il numero delle aziende che potenzialmente hanno accesso alle risorse si riduce notevolmente".

Più in generale il tema riguarda anche questioni annose come lo spopolamento delle aree collinari e in centro città il numero delle saracinesche abbassate negli anni e mai più rialzate.

"E’ anche un problema di decoro – sintetizza ancora l’esponente di Confesercenti – , che va a discapito di chi resta nei territori e anche di chi è aperto. E’ quindi una questione di attrattività. Trascorsi così tanti mesi purtroppo è possibile immaginare che chi finora non ha messo mano ai propri locali non lo farà più".