CARLO RAGGI
Cronaca

Sangue e prostituzione. La guerra tra bande esplosa negli anni ’90 tra piombo e omicidi

Nel 1991 fu ucciso un 19enne slavo, due vittime l’anno successivo. Tanti agguati sulla statale per il controllo delle piazzole .

Sangue e prostituzione. La guerra tra bande esplosa negli anni ’90 tra piombo e omicidi

Sangue e prostituzione. La guerra tra bande esplosa negli anni ’90 tra piombo e omicidi

Fu negli anni Novanta che esplose il fenomeno della prostituzione sulla statale Adriatica, fra Ravenna e Cervia e sulla via Emilia, da Castel Bolognese fino alla periferia di Forlì e, di conseguenza, fu ‘guerra’ fra bande di protettori: fra il 1991 e il 2002 lungo queste statali tre protettori e quattro ragazze sono state vittime dirette della violenza collegata al possesso delle piazzole, ovvero i luoghi in cui le giovani, quasi tutte provenienti dalla Romania o dall’Albania dove si erano appena sgretolati i regimi totalitari e cominciava la fuga verso l’Italia, stazionavano in attesa dei clienti. Fino ad allora la prostituzione era appannaggio delle italiane, locali o immigrate dal Sud, che stazionavano nei viali cittadini, cui poi dagli anni Ottanta si erano aggiunte le ragazze tossicodipendenti alla disperata ricerca di denaro per acquistare le dosi di eroina.

Le prime straniere a raggiungere in massa il Ravennate furono giovani donne austriache, tutte molto avvenenti, fra cui molte studentesse o professioniste in vari settori, che puntavano ad arrotondare le proprie entrate. Prevalentemente provenivano da Graz, viaggiavano su vetture di grossa cilindrata e lavoravano soprattutto di giorno. Presto comunque la loro intraprendenza fu soggiogata da chi le accompagnava che, marito o fidanzato, velocemente trasformò il rapporto sentimentale in sfruttamento. Il 30 agosto del 1991 il primo omicidio, a Savio, vittima uno slavo di 19 anni ucciso da un austriaco, protettore di una delle ragazze. Movente della lite finita nel sangue il fatto che l’attività dell’ultima arrivata, l’austriaca, aveva fatto crollare in pochi giorni l’attività di una ragazza slava che da già da qualche tempo lavorava sull’Adriatica ed era ‘protetta’ dal fidanzato. La presenza delle austriache non si protrasse per molto anche perché nel breve volgere di pochi mesi, in quell’inizio degli anni Novanta, alla ‘qualità’ dell’offerta a prezzi abbastanza alti si sostituì la quantità e a prezzi stracciati.

A invadere le strade a luci rosse (come soprattutto l’Adriatica era soprannominata) furono infatti da una parte le ragazze provenienti dal centro Africa (Nigeria e Togo soprattutto) e dall’altra le giovani albanesi e romene, tutte in egual modo schiavizzate, spinte ad emigrare col miraggio di lavori tranquilli e invece finite sulla strada, vittime di violenze fisiche e morali indicibili. Ma mai ci sono stati scontri fra protettori africani e protettori europei. I nigeriani, gli unici a gestire la prostituzione delle ragazze di colore, hanno subito trovato un accordo con i voraci protettori bianchi, puntando a escludere attività concorrenziali e quindi concordando giorni, ore, piazzole. Mai una ragazza africana è stata uccisa e così pure alcun protettore nigeriano. Ben diverso il fronte della prostituzione europea dove a farla da padrone erano gli albanesi che ben presto soggiogarono romeni e slavi.

Siamo nel cuore degli anni Novanta quando la prostituzione lungo le statali era diventato un problema di ordine pubblico e dovettero scendere in campo non solo, ogni sera, polizia e carabinieri, ma anche il Comitato provinciale per l’ordine pubblico e i sindaci di Ravenna, Cervia, Faenza e fu allora che vennero escogitati i divieti di sosta lungo le statali o altre strade delle prostitute, vennero stese le ordinanze con i divieti di fermata e approccio alle ‘lucciole’ e tanto altro ancora. E fu in questo contesto che si consumarono violenze, sequestri, omicidi. Il 4 giugno del ‘92 in una strada di Milano Marittima furono uccisi a colpi di pistola uno slavo e la sua ‘protetta’: a sparare fu un altro slavo, ‘boss’ della prostituzione.

L’1 giugno 1997 in un pozzo sulle colline fra Faenza e Forlì fu trovato il cadavere di un’albanese di 22 anni che si prostituiva lungo la via Emilia: l’assassino non è mai stato individuato.L’11 settembre del 2002 ai margini di una dolina nel parco dei gessi fra il Monticino e Zattaglia, nel Brisighellese, affiorò lo scheletro di una ragazza. Nello stesso periodo di quegli anni 90 altre tre giovani prostitute furono uccise da clienti (solo in un caso l’omicida è stato individuato e condannato) e la stessa fine fu fatta fare, sull’Adriatica, a un altro protettore albanese