REDAZIONE RAVENNA

Stop al fumo nei locali. Ma ha funzionato?. Fra gli uomini sì, non fra le donne

Ormai il 22% del gentil sesso si accende una sigaretta. L’Ausl: "Le sigarette elettroniche hanno attratto molte cittadine".

Ormai il 22% del gentil sesso si accende una sigaretta. L’Ausl: "Le sigarette elettroniche hanno attratto molte cittadine".

Ormai il 22% del gentil sesso si accende una sigaretta. L’Ausl: "Le sigarette elettroniche hanno attratto molte cittadine".

Sono passati vent’anni da quando nel gennaio 2005 entrò in vigore la legge Sirchia, con la quale il fumo venne messo al bando nei luoghi pubblici, archiviando per sempre scene comuni nell’Italia del dopoguerra, come le cortine grigiastre nei cinema, i posacenere onnipresenti nei ristoranti, o le sigarette fedeli compagne degli dei della panchina a bordo campo. Ma quella legge è davvero riuscita a far smettere gli italiani di fumare? I fumatori in Romagna sono moltissimi, il 28% dei cittadini fra i 18 e i 69 anni (in calo di appena qualche punto percentuale rispetto al passato), superiore al 24% della media regionale. Di questi, il 20% fuma solo sigarette, il 3% solo altri strumenti, in primis le sigarette elettroniche, e il 4% fa ricorso a entrambe le opzioni.

Dove la legge antifumo ha fallito è sulla percentuale di donne fumatrici, da allora in costante aumento: ormai il 22% delle emiliano-romagnole fuma, contro il 26% dei maschi, i quali invece sono in diminuzione. "Le donne hanno purtroppo adottato un modello maschile", evidenzia Gianluca Danesi, direttore di Pneumologia all’ospedale di Lugo, mentre la collega Cosetta Ricci, al timone del Centro Antifumo, dove accoglie circa un centinaio di pazienti all’anno, fa notare come "in particolare il fumo elettronico abbia attratto molte cittadine". Ma la vita presenta poi il conto: "Il tumore a trachea, bronchi e polmoni ha ormai un’incidenza del 13,4% fra i maschi, e del 10% fra le femmine – prosegue Danesi –. Significa 400 casi all’anno in provincia di Ravenna. E’ il terzo tumore più diffuso fra le donne, dopo quelli alla mammella e al colon, e il secondo fra gli uomini, dopo quello alla prostata. Con una differenza: la prevenzione per queste ultime tre patologie è semplicissima, basandosi su normali palpazioni o elementari esami del sangue. Per il tumore al polmone gli unici strumenti sono quelli diagnostici, che andrebbero implementati su una popolazione a rischio – quella appunto dei fumatori – decisamente abnorme. Quello ai polmoni è un tumore ‘nascosto’, ed è ovviamente impossibile sottoporre a tac quella quantità di cittadini".

Ecco spiegato, in parte, perché la sopravvivenza al tumore a trachea, bronchi e polmoni è così clamorosamente bassa: appena il 23% fra i maschi, in crescita rispetto al recente passato, ma abissalmente distante dai tassi di sopravvivenza per il tumore alla mammella.

È la prevenzione a dover essere ripensata: "nelle scuole cominceremo all’ultimo anno delle elementari – prosegue Danesi –. Dopo la pandemia i modelli autodistruttivi hanno preso piede; in futuro occorrerà insistere maggiormente sul fatto che il fumo danneggia pressoché ogni organo, compresi quelli riproduttivi. E va finalmente chiarito che le sigarette elettroniche non aiutano a smettere di fumare, ma semmai facilitano la dipendenza, contenendo maggiori quantità di nicotina".

Filippo Donati