Tentato omicidio, a giudizio il quarto uomo

Per l’agguato in odore di mafia del 2009 in via Caldesi, dopo tre condanne per estorsione, a processo anche un cugino della vittima

Tentato omicidio, a giudizio il quarto uomo

Tentato omicidio, a giudizio il quarto uomo

Anche il quarto uomo andrà a processo per l’agguato – per l’accusa in odore di mafia – nel quale l’8 luglio 2009, in via Caldesi a Faenza, fu gambizzato l’imprenditore Salvatore Arena, all’epoca 45enne. Si tratta di un cugino della vittima, il 50enne Antonino Timpanaro, inizialmente lasciato fuori dal procedimento che vedeva coinvolti tre membri del clan Nicotra di Misterbianco (Catania), Salvatore Randone, Antonino Nicotra e Antonino Rivilli detto ’grilletto d’oro’. Per l’accaduto, i giudici d’appello avevano confermato la condanna a 20 anni di carcere a testa per i tre imputati siciliani: ma di recente la Cassazione ha annullato la condanna per i capi d’imputazione relativi al tentato omicidio e alle aggravanti dell’uso della pistola e del metodo mafioso, chiedendo un nuovo giudizio d’appello. Così, al momento, è passata in giudicato la sola tentata estorsione.

Dopo l’opposizione proposta a suo tempo dall’avvocato di parte civile Nicola Montefiori, che ora chiede un risarcimento di 500.000 euro, il Gup di Bologna Sandro Pecorella, alla luce della richiesta formulata dal procuratore aggiunto Francesco Caleca, ieri mattina ha disposto il rinvio a giudizio di Timpanaro, che sarà difeso dagli avvocati Lorenzo Valgimigli e Alice Rondinini (chiedevano il non luogo a procedere) nel processo che partirà a fine novembre davanti al tribunale di Ravenna in composizione collegiale.

Quella mattina del luglio 2009 Arena era uscito di casa per gettare la spazzatura prima di andare al lavoro quando fu affrontato da un sicario a volto coperto, il quale gli sparò cinque colpi di pistola calibro 7.65: due andarono a segno gambizzandolo prima che riuscisse a fare le scale per rifugiarsi in casa. Ma qualcosa aveva disorientato il killer, il quale aveva di fatto mancato il suo obiettivo.

Timpanaro, secondo l’accusa, ebbe un ruolo basilare negli eventi, partecipando all’organizzazione dell’incontro nel febbraio 2007 a Piano Tavola (Catania) nel corso del quale al fratello dell’imprenditore faentino, Antonino Arena, erano state proferite minacce per indurlo a rinunciare a una commessa con una ditta di Casalfiumanese per lasciare spazio alla Mediterranea Impianti, amministrata da Randone. Il cugino sarebbe stato colui che materialmente era andato a prelevare il fratello dell’Arena da casa. E che durante il percorso in auto aveva discusso della necessità che Salvatore Arena abbandonasse l’appalto per non fare innervosire uno dei tre principali imputati. Nonostante le pressioni ricevute e le minacce registrate dal fratello tramite un piccolo registratore nascosto nei vestiti, Arena non aveva accettato di mollare. Per la Dda di Bologna, l’agguato era stato organizzato proprio a causa di tale ostinata volontà.

In quella registrazione, che fu trascritta da un perito, si sente Timpanaro dire frasi del tipo: "Se non è successo niente sino ad oggi... è solo perché hanno avuto rispetto di noi". A un certo punto resta solo con l’Arena e gli dice: "Lo sai chi è quello, no?...questo è uscito da un anno...Lo sai come lo chiamano? Grilletto d’oro lo chiamano. È quello che aveva l’Audi 80, scendeva di là sopra a qua, di mattina... bum bum bum". E ancora: "Hai sentito cosa ti ha detto Nino? Fatti i cazzi tuoi, lavora, alla fine uno più o uno meno... dobbiamo mangiare tutti. Facciamo finta che sei dei nostri. Hai capito? Ma non gli rompere la minchia alla gente".

Lorenzo Priviato