Torri Hamon, la demolizione: "Censire i luoghi industriali. Servono regole e linee guida"

A Ravenna è cominciato lo smantellamento nonostante le proteste di Italia Nostra. L’urbanista Cervellati: "L’errore è distruggere e ricostruire senza un criterio" .

Torri Hamon, la demolizione: "Censire i luoghi industriali. Servono regole e linee guida"

Torri Hamon, la demolizione: "Censire i luoghi industriali. Servono regole e linee guida"

di Benedetta Cucci

BOLOGNA

Si pensi alla ciminiera dell’ex centrale termoelettrica Enel di Porto Tolle che è rimasta solitaria e svettante nel cielo e che diventerà un villaggio vacanze, indipendente da un punto di vista idrico ed energetico in nome della sostenibilità. Ma anche all’ex consorzio agrario di Castel San Pietro e ancor prima mulino, recuperato dall’azienda danese Bestseller che ne ha fatto il suo quartier generale. E ancora all’ex deposito delle corriere Sita di Forlì, costruito nel 1935, che diventerà un centro di ricerca per le arti. Ma anche al nightclub Woodpecker di Milano Marittima, che, dopo un lungo abbandono e un recupero come luogo del Fai, è infine tornato a funzionare come locale. Ma non è un discorso che vale per tutte le architetture industriali, quello di una seconda chance. Perché forse non è sempre possibile il miracolo. Come ci racconta l’urbanista Pierluigi Cervellati.

Professor Cervellati, in Emilia Romagna ci sono imponenti tracce di architettura industriale, testimonianze di un’epoca passata. Come andrebbero trattate?

"Bisognerebbe partire da un censimento di architetture industriali, ovvero dalla conoscenza di cosa siano state, perché mi sembra che da un po’ l’andamento sia quello di demolire e costruire senza criterio. L’azione sarebbe quella che fu riservata a suo tempo ad alcune colonie della Romagna quando l’IBC fece una cernita che durò un anno, in cui vennero vincolate come monumenti e opere d’arte perché stavano raggiungendo i 70 anni ed erano rappresentative del periodo fascista. Il titolo era ‘Colonie a mare. Il patrimonio delle colonie sulla costa romagnola quale risorsa urbana e ambientale’ e uscì nel 1986".

Quale fu il ragionamento?

"Se una colonia deve essere salvata, ci si chiedeva, sarà possibile mantenerla con le sue caratteristiche strutturali, ad esempio quando si ragiona sul consumo di energia elettrica? C’era, ricordo, una colonia molto bella, esempio di architettura del razionalismo, che fu demolita, nonostante fosse vincolata, perché era dispendioso mantenerla".

Lo stesso discorso va applicato ai simboli della produttività industriale?

"Sì, soprattutto oggi che ci troviamo davanti a strutture demolite e sul cui terreno si ricostruiscono case o alberghi. Bisognerebbe fare un piano in cui le linee guida siano trasmesse ai comuni e i comuni siano tenuti ad adeguarsi".

Se una fabbrica diventa simbolica e di interesse culturale?

"Le industrie che sono costruite nel secondo dopoguerra, di queste parliamo, perché di un periodo precedente ce ne sono poche e probabilmente in gran parte demolite, vanno analizzate profondamente da un punto di vista artistico e storico, perché non è sufficiente che siano inserite in un libro capolavoro come il faro di Virginia Woolf, per dire".

Il suo atteggiamento è più romantico o pragmatico?

"Occupandomi io del ricordo e della memoria da tutelare, voglio aggiungere che una volta attuata una demolizione, la terra che rimane vuota non deve essere occupata, non bisogna costruire altro, il suolo deve diventare parte di un tessuto agricolo coltivabile, piantumabile, perché l’occupazione del suolo è a un punto di non ritorno e fonte dei drammi che abbiamo visto lo scorso anno con le alluvioni".