ALESSANDRA CODELUPPI
Cronaca

Torture a un detenuto in carcere a Reggio Emilia, l’avvocato: “Ora si sente confortato sul fatto di ottenere giustizia"

Pestaggio alla ‘Pulce’ ai danni di un tunisino nell’aprile scorso, udienza preliminare per dieci agenti della polizia penitenziaria. Hanno chiesto la costituzione di parte civile il Garante nazionale dei detenuti e quello regionale, nonché due associazioni Antigone e Yairaiha

Reggio Emilia, 14 marzo 2024 - Si è aperta stamattina in tribunale l'udienza preliminare a carico di dieci agenti della polizia penitenziaria del carcere di Reggio imputati, a vario titolo, per tortura e lesioni, oltreché per falso, nei confronti di un tunisino 44enne, in passato detenuto alla Pulce. Nel registro degli indagati erano stati iscritti 14 nomi: le restanti quattro posizioni sono state momentaneamente stralciate, in attesa del deposito delle motivazioni del riesame sull'appello promosso dalla Procura su coloro ai quali il gip Luca Ramponi non aveva dato la misura cautelare.

Un frame della tortura subita da un detenuto in carcere
Un frame della tortura subita da un detenuto in carcere

L'indagine si riferisce ai fatti avvenuti il 3 aprile 2023, vicenda che fu anticipata dal Carlino. Secondo la ricostruzione investigativa, basata sulla videosorveglianza e testimonianze, il detenuto uscì dalla stanza del direttore, dopo essere stato sanzionato con l'isolamento per condotte che violavano il regolamento.

Venne incappucciato con una federa stretta al collo. Poi fu colpito con pugni al volto mentre veniva spinto, con le braccia bloccate, verso il reparto di isolamento. E fatto cadere a terra con uno sgambetto, poi colpito con schiaffi, pugni e calci. Gli sarebbe stato torto un braccio dietro la schiena e poi sarebbero saliti sulle caviglie e sulle gambe calpestandolo con le scarpe d'ordinanza. Poi fu sollevato di peso, denudato degli indumenti e condotto nella cella di isolamento. Qui, non più incappucciato, sarebbe stato preso di nuovo a calci e pugni e poi lasciato del tutto nudo dalla cintola in giù per oltre un'ora, malgrado si fosse autolesionato e sanguinasse. Stamattina, davanti al giudice Silvia Guareschi, al procuratore capo Calogero Gaetano Paci e al pm Pantani, erano presenti nove sui dieci imputati per i quali il pubblico ministero Maria Rita Pantani ha chiesto il rinvio a giudizio, accompagnati dai loro legali: nello staff difensivo figurano gli avvocati Alessandro Conti, Federico De Belvis, Nicola Tria, Luigi Marinelli,  Sinuhe Curcuraci, Carlo De Stavola e Pierfrancesco Rossi. Erano presenti in tribunale anche parenti e colleghi degli imputati. Hanno chiesto di costituirsi parte civile, depositando la richiesta di risarcimento - la cui quantificazione è diventata obbligatoria - cinque soggetti. Innanzitutto il detenuto, tutelato dall'avvocato Luca Sebastiani: il legale ha domandato una provvisionale ritenuta di giustizia e 180mila euro per danni fisici, psicologici e morali, frutto di una stima tabellare scaturita da una consulenza di parte redatta dal medico legale Matteo Tudini di Bologna.

Inoltre l'avvocato Sebastiani ha chiesto la citazione come responsabile civile del ministero della Giustizia, a cui fa capo la polizia penitenziaria: significa che, nel caso gli agenti dovessero essere condannati, il dicastero di via Arenula sarà chiamato in causa per risarcire.

"All'inizio di questa vicenda, nell'aprile scorso, quando il mio assistito sporse denuncia, nutriva qualche timore sul fatto di non essere creduto. Ma in seguito, dopo che la Procura ha avviato l'inchiesta, ha preso fiducia e ora si sente più tranquillo e confortato sul fatto di ottenere giustizia", ha dichiarato l'avvocato Sebastiani. Oltre al detenuto, hanno chiesto la costituzione di parte civile il Garante nazionale dei detenuti (rappresentato dagli avvocati Michele Passione e Gianpaolo Ronsisvalle) e quello regionale (avvocato Daniele Vicoli), nonché due associazioni per la tutela dei detenuti, cioè Antigone (avvocato Simona Filippi) e Yairaiha (avvocato Vito Daniele Cimiotta). Le difese hanno chiesto un termine per analizzare le richieste di costituzione di parte civile e sollevare eventuali osservazioni e l'udienza è stata rinviata all'8 aprile.

Il mese scorso è stato diffuso un video con spezzoni di quanto sarebbe avvenuto. Era intervenuto il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, secondo cui "fermo restando che tutto dev'essere accertato nelle sedi competenti, è ovvio che non sono cose accettabili"; nonché il ministro della Giustizia Carlo Nordio, parlando di "immagini indegne per uno Stato democratico". In passato alcune voci difensive avevano sostenuto che la fattispecie di tortura non era integrata, e che al massimo si è trattato di abuso dei mezzi di correzione, e avevano rimarcato alcuni aspetti particolari della ricostruzione, come il rifiuto del detenuto di sottoporsi a visita psichiatrica per certificare il trauma e la sua condotta costellata da numerosi rapporti disciplinari in tutte le carceri che lo avevano ospitato.